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Complice la crisi globale e l’aumento dei costi energetici, è allarme vetro (ma non solo) per le industrie vitivinicole italiane.

A dirlo, anche in occasione del recente Vinitaly, sono state tutte le più importanti associazioni di settore (Federvini, Unione italiana vini e Alleanza cooperative), sottolineando i rischi per gli approvvigionamenti di materie prime che l’intero comparto dovrà affrontare nel corso del 2022.

L’industria del vetro in particolare, in particolare, appare tra le più colpite dell’intera filiera. Non solo, infatti, ha dovuto fronteggiare con maggiori importazioni (anche da Russia e Ucraina) il boom della domanda di bottiglie di vino tra 2016 e 2021, ma ha anche dovuto porre un freno agli effetti dell’aumento dei costi dell’energia (soprattutto il gas per far funzionare i forni) attraverso un ritocco al rialzo dei listini.

A questo proposito, secondo le stime di Assovetro, già il 2021 dovrebbe chiudersi con un +8% sul 2020, in attesa però che entro il 2024 la catena di approvvigionamento venga rafforzata grazie a cinque nuovi forni di fusione e a investimenti per 400 milioni di euro. In questo modo, l’Italia potrà contare su un incremento di 500mila tonnellate annue di packaging in vetro, ovvero il 12% in più rispetto ai volumi attuali.

Nel frattempo, i clienti del settore food&beverage hanno importato circa un milione di tonnellate di vetro, principalmente da Turchia, Portogallo, Ucraina e Russia.