Stampa
Food Safety
Sicurezza&Qualità

Cosa succede nel caso in cui a un operatore del settore alimentare venga contestata la violazione dell’art. 5 della Legge 283/62 recante la Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, per aver posto in commercio prodotti da consumare previa cottura (es. cotolette di pesce o di carne) che in seguito ad analisi microbiologiche risultano non conformi per la presenza di cariche microbiche, relativamente al parametro listeria monocytogenes?

La normativa di riferimento

La disciplina comunitaria meglio nota come “Pacchetto igiene” è un insieme di norme che regolamentano l’igiene e la sicurezza degli alimenti, formato da alcuni regolamenti divenuti applicabili dal primo gennaio del 2006 quali:

Facevano parte del Pacchetto igiene anche il Regolamento (CE) 854/2004 riguardante le norme specifiche per i controlli ufficiali su alimenti di origine animale e il Regolamento (CE) 882/2004 riguardante i controlli ufficiale (ispezione e verifica), ma tali provvedimenti sono stati abrogati dal Regolamento (UE) 2017/625 entrato in vigore il 14 dicembre 2019, che ha raccolto all’interno di un unico corpo normativo la disciplina dei controlli ufficiali.

Si affiancano al cd. Pacchetto igiene anche il Reg. 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare e altri regolamenti specifici come il Reg. 2073/05 che stabilisce i criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari.

Tale ultimo regolamento contiene, all’All. I, capitolo 1 (criteri di sicurezza alimentare), precise indicazioni relativamente alle categorie alimentari di riferimento, al microrganismo da ricercare nella matrice, al limite dello stesso, ai metodi di analisi e alla fase della vita del prodotto in cui applicare i criteri stessi.

Per quanto riguarda la listeria monocytogenes è prevista la ricerca nei seguenti prodotti alimentari:

Si precisa che ai sensi dell’art. 2 del regolamento in oggetto per alimenti pronti si intendono: “i prodotti alimentari destinati dal produttore o dal fabbricante al consumo umano diretto, senza che sia necessaria la cottura o altro trattamento per eliminare o ridurre a un livello accettabile i microrganismi presenti”. 

A livello nazionale la fissazione dei limiti massimi di cariche microbiche nelle sostanze alimentari, i criteri di campionamento, le modalità di prelievo, conservazione e trasporto dei campioni, nonché le metodiche di analisi erano stabilite dall’ordinanza del Ministero della Sanità (oggi della Salute) dell’11 ottobre 1978 recante la disciplina sui “limiti di cariche microbiche tollerabili in determinate sostanze alimentari e bevande” che è stata successivamente modificata dall’ordinanza del 7 dicembre 1993 in relazione ai “limiti di listeria monocytogenes in alcuni prodotti alimentari”.

Orbene il 17 gennaio 2022, il Ministero della Salute ha emanato una nuova nota al fine di chiarire le numerose richieste inerenti l’ambito di applicazione dell’ordinanza dell’11 ottobre 1978 e successive modificazioni.  Secondo il dicastero “le indicazioni riportate nella suddetta ordinanza derivano dall’applicazione dell’articolo 5 della Legge 283/1962 che prevede la fissazione di limiti massimi di cariche microbiche nelle sostanze alimentari e nelle bevande, tale articolo risulta ad oggi vigente. Tuttavia le disposizioni di cui all’ordinanza ministeriale del 1978 e delle successive modifiche alla stessa (vedasi in particolare l’ordinanza 7 dicembre 1993 recante Limiti di Listeria monocytogenes in alcuni prodotti alimentari, pubblicata sulla GU n.291 del 13-12-1993) risultano ad oggi superate ed in contrasto con la normativa europea di riferimento, regolamento (CE) n. 2073/2005 della Commissione del 15 novembre 2005 sui criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari. Pertanto, in conformità ai più generali principi in materia di fonti del diritto, la suddetta ordinanza non è più da considerarsi applicabile”.

Rischi sanzionatori

La presenza di Listeria monocytogenes nei prodotti è costantemente stata ascritta alla violazione dell’art. 5 Legge 283/62 in particolare alle seguenti fattispecie:

“È vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo, sostanze alimentari: 

[...]

c) con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali; 

d) insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione”. 

Si ricorda che l’art. 6 di tale legge prevede: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, i contravventori alle disposizioni del presente articolo e dell’articolo 5 sono puniti con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da € 309 a € 30.987. Per la violazione delle disposizioni di cui alle lettere d) e h) dell’articolo 5 si applica la pena dell’arresto da tre mesi ad un anno o dell’ammenda da € 2.582 a € 46.481”.

Va peraltro ricordato che il fatto potrebbe anche integrare l’art. 444 c.p. che prevede che “Chiunque detiene per il commercio, pone in commercio, ovvero distribuisce per il consumo sostanze destinate all’alimentazione, non contraffatte né adulterate, ma pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 51”.

Conclusioni

La recente nota del Ministero della Salute ha fornito chiarimenti sul tema della Listeria rispetto a una situazione ferma al 1978. L’obiettivo di razionalizzazione del corpus giuridico in materia lascia tuttavia alcuni dubbi interpretativi che sicuramente verranno chiariti nel corso dell’applicazione del nuovo scenario venutosi a creare.