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Tecnologie
Pasta e prodotti da forno

Sono diversi gli aspetti secondo i quali la tecnologia alimentare può favorire la digeribilità degli amidacei.

Una farina appena macinata e utilizzata per la preparazione di un impasto, ad esempio, non presenta buone caratteristiche di utilizzo. Quando, infatti, gli enzimi (le diastasi) della farina non hanno il tempo necessario per rompere l’amido, viene impedita sia la regolare attività successiva di fermentazione dei lieviti, sia quella di digestione nello stomaco dell’amido, ancora molto compatto.

Alto indice di caduta (o Falling number) della farina (>300): una farina con un deficit enzimatico di partenza non può garantire la formazione di un impasto digeribile perché le proteine e, soprattutto, gli amidi presentano una struttura difficilmente aggredibile da parte degli enzimi dell’organismo umano.

L’eccessiva presenza di gas nell’impasto provocato da un utilizzo smisurato di lievito (procedura adottata al fine di innescare lievitazioni rapide) può determinare qualche piccola difficoltà digestiva. Non c’è però nessuna attività fermentativa da parte dei lieviti presenti nel prodotto. Infatti, sia l’alta temperature di  cottura, sia l’acidità dello stomaco contribuiscono in maniera decisiva ad una completa eliminazione dei lieviti. Il gonfiore a livello addominale è  la conseguenza di un’incompleta digestione delle sostanze complesse, dell’amido in particolare, che nel tratto finale dell’intestino vengono fermentate e trasformate in sostanze gassose dalla flora intestinale.

Un prodotto come la pizza, o come il panettone, può determinare delle difficoltà digestive, soprattutto quando vi è una mistura di ingredienti che lo compongono. L’amido presente nell’impasto base viene digerito solo in minima parte dall’amilasi salivare, anche per il breve tempo di permanenza nella bocca. Nel momento in cui il bolo passa nello stomaco, un’eccessiva presenza di proteine animali ( mozzarella, prosciutto, ecc.), induce una precoce e abbondante secrezione di succo gastrico fortemente acido (pH 1,6) nello stomaco, provocando un'inefficienza o addirittura un arresto della digestione degli amidi in maniera repentina. 

La digestione dell’amido riprende a livello intestinale (pH 6,8), grazie all’amilasi pancreatica, ma deve prolungarsi per diverse ore affinché possa completarsi in maniera completa. Pertanto un prodotto, come per esempio la pizza, se eccessivamente condito con ingredienti misti può provocare disturbi durante la fase digestiva.

Un impasto poco cotto risulta essere poco digeribile, infatti, le amilasi attaccano difficilmente l’amido crudo. L’amido per essere aggredito deve essere “preparato” alla digestione. Durante la cottura, dopo i 60-65°C, inizia la saldificazione dell’amido, quindi la formazione della mollica. Una cottura regolare favorisce la rottura e la fusione dei granuli di amido dell’impasto favorendo l’attività degli enzimi amilasici nell’organismo.

Per “maturazione di un impasto” s’intende il processo di rottura delle molecole complesse dell’impasto (amidi, proteine, ecc.) in molecole più semplici da parte degli enzimi della farina. Di recente molti panificatori/pizzaioli stanno attuando nuove metodiche di lavorazione come le fermo-lievitazioni, cioè il rallentamento della lievitazione per diverse ore in frigo. A basse temperature (es. 4°C) gli enzimi presenti nell’impasto lavorano in maniera lenta e,  con un’opportuna tempistica, possono favorire la rottura graduale dell’amido in sostanze semplici che arrivano nello stomaco già “pre-digerite”: si agevola così l’attività degli enzimi dell’apparato digerente. Più sarà prolungato il tempo di maturazione di un impasto, maggiore sarà l’attività enzimatica e la digeribilità del prodotto finale.

 

Francesco Salemi, Tecnologo Alimentare