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Raggiunto un accordo storico che segna l’inizio della fine dell’era dei combustibili fossili. Ora spetta ai governi e alle imprese tradurre gli impegni in azioni concrete, con rapporti biennali in una logica di trasparenza

Dopo un dibattito che sembrava divenuto degno dell’Accademia della crusca per via di sottili distinzioni lessicali e quando erano da poco iniziati i tempi supplementari, alla Cop28 di Dubai si è trovato un accordo sul “global stocktake”, in piena continuità con gli accordi di Parigi del 12 dicembre 2015. Un accordo che è stato subito definito storico perché segna l’inizio della fine di un’era. Nel testo finale, approvato da tutti i 198 paesi partecipanti, sono stati infatti inclusi per la prima volta i combustibili fossili.

È lo stesso Simon Stiell, segretario esecutivo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, a spiegarlo nel discorso conclusivo alla plenaria di questa notte: “Queste conferenze sul clima sono ovviamente un processo basato sul consenso, il che significa che tutte le parti devono concordare su ogni parola, ogni virgola, ogni punto. Non è affatto facile. Ed evidenzia quanto queste conferenze delle Nazioni Unite abbiano ottenuto negli ultimi decenni. Senza le conferenze saremmo diretti verso un riscaldamento vicino ai 5 gradi. Una vera e propria condanna a morte per la nostra specie. Invece ora siamo diretti verso poco meno di 3 gradi. Ciò equivale ancora a sofferenza umana di massa, motivo per cui la COP28 ha dovuto spostare ulteriormente l’ago della bilancia”.

Cosa prevede il nuovo accordo

Per prima cosa si è ottenuto un via libera globale che segnalasse che tutti i sistemi puntano sulle energie rinnovabili, sulla giustizia climatica e sulla resilienza. Si punta quindi a triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica.

C’è inoltre un quadro di intesa generale sull’obiettivo globale per l’adattamento. Sarà reso operativo il fondo “Loss and damage” (per risarcire perdite e danni) con il versamento dell’acconto iniziale. E, aspetto non di poco conto da un punto di vista sociale, l’azione per il clima dovrà procedere di pari passo con lo sviluppo, la dignità e le opportunità umane. Naturalmente la parte importante del lavoro spetta ora ai governi e alle imprese che dovranno trasformare gli impegni di Dubai in risultati concreti nell’economia reale.

Lo scoglio sui combustibili fossili

Fino all’ultimo sembrava che il tema dei combustibili fossili dovesse far naufragare le trattative per un accordo. Alla fine si è trovato un compromesso. Anche se a Dubai non si è ancora voltato pagina definitivamente sull’era dei combustibili fossili, il risultato ottenuto segna l’inizio della fine di un’era.

Un compromesso dovuto al fatto che “la logica politica ed economica è sempre più insormontabile: in ogni paese si perdono vite umane in gran numero, mentre i combustibili fossili colpiscono allo stesso modo i bilanci familiari e nazionali”.

Traguardi ambiziosi

“Ci sono enormi vantaggi derivanti da un’azione più coraggiosa per il clima”, afferma Simon Stiell. “Più sicurezza, stabilità e protezione per otto miliardi di persone. Più posti di lavoro, maggiore crescita economica, meno inquinamento e migliore salute. Maggiore emancipazione delle donne come potenti agenti di cambiamento. Maggiore sfruttamento della natura e dei suoi migliori custodi. Ogni singolo impegno – in materia di finanza, adattamento e mitigazione – deve portarci in linea con un mondo a 1,5 gradi, dando piena attuazione all’accordo di Parigi.

I paesi dovranno preparare e presentare i loro primi rapporti biennali in una logica di trasparenza entro la fine del prossimo anno. Intanto alle Nazioni Unite si continuerà a lavorare sui cambiamenti climatici per migliorare il processo e aiutare le parti ad andare oltre, più velocemente e in modo più equo.

Franco Metta