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La soddisfazione del Consorzio per i risultati raggiunti l’ultimo anno. 3,2 miliardi di euro al consumo; crescono le vendite totali (+9,2%). Bene l’Italia ma è sui mercati esteri che è stato evidente un grande rafforzamento del prodotto, con la quota export che ha sfiorato il 50% del totale. La produzione resta stabile (4 milioni di forme).

Il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha presentato i dati economici del 2024. Nonostante lo scenario di crisi geopolitica, di incertezza sui mercati internazionali e dei timori per le possibili misure restrittive al libero commercio, il giro d’affari al consumo ha toccato il massimo storico di 3,2 miliardi di euro contro i 3,05 miliardi del 2023, con un aumento del 4,9%.

I risultati positivi riguardano anche le vendite totali a volume (+9,2%), sostenute da un andamento positivo delle vendite in Italia (+5,2%) e, soprattutto, dell’export (+13,7%). In aumento anche le quotazioni all’origine: per il 12 mesi la media annuale si è attestata a 11,0 €/kg, segnando un +9% rispetto ai 10,13 €/kg del 2023; per il 24 mesi, l’aumento è stato del +5%, passando dagli 11,90 €/kg dello scorso anno ai 12,5 €/kg del 2024.

La produzione è risultata stabile rispetto al 2023: 4,079 milioni di forme vs 4,014 milioni nel 2023 (+1,62%). A livello geografico, tra le provincie della zona di origine, prima per produzione è Parma (1.362.226 forme vs 1.350.415, +0,87%), seguita da Reggio Emilia (1.217.128 forme vs 1.217.380, -0,02%), Modena (877.874 forme vs 860.971, +1,96), Mantova (507.631 forme vs 476.361, +6,56) e Bologna (114.389 forme vs 109.173, +4,77%).

Ulteriori dati forniti dal Consorzio segnalano che la quota totale Italia si attesta al 51,3% (osservatorio Sell-In Nielsen), mentre per i canali distributivi, la GDO resta al primo posto (65%), seguita dall’industria (18%), che beneficia della crescente popolarità dei prodotti caratterizzati dalla presenza di Parmigiano Reggiano tra gli ingredienti. Il canale Horeca ha solo il 7% con quindi un grande potenziale di sviluppo. Le vendite dirette dei caseifici (che si concentrano per oltre l’85% in Italia, pari a circa 9.000 tonnellate) rappresentano il 5,5% delle vendite totali e hanno registrato un forte aumento (+13,0%).

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I mercati esteri

Il Consorzio ha comunicato che un dato certo è che il 2024 si è caratterizzato per un consolidamento sui mercati internazionali del Parmigiano Reggiano: la quota export rappresenta oggi quasi la metà del totale, il 48,7% (pari a 72.440 t.), con una crescita del +13,7%. I risultati particolarmente positivi sono su cinque mercati principali: USA (+13,4%), Francia (+9,1%), Germania (+13,3%), Regno Unito (+17,8%) e Canada (+24,5%). Note positive anche per il Giappone (+6,1%), primo mercato in Asia, e Australia (+28,2%).

I risultati raggiunti all’estero sono anche il frutto di uno sforzo notevole da parte del Consorzio che ha investito 28,4 milioni di euro per azioni di marketing e comunicazione con l’obiettivo di diventare un brand iconico globale, in mercati estremamente vasti, ricchi di prodotti d’imitazione e caratterizzati da una marcata confusione al momento dell’acquisto.

I rischi della guerra commerciale con i dazi

CS Dati economici 2024 Nuovo CdA del Consorzio appena insediatosiNicola Bertinelli, presidente del Consorzio ha spiegato: “Nel prossimo futuro, dovremo sempre più investire sulla crescita nei mercati esteri, che rappresentano il futuro della nostra DOP. È obbligatorio creare nuovi spazi nei mercati internazionali e sarà necessario guidare le precondizioni affinché ciò si possa avverare. È evidente come in questo scenario, gli USA, ovvero il nostro primo mercato estero, svolgano un ruolo fondamentale. L’aumento dei dazi sul Parmigiano Reggiano è una notizia che di certo non ci ha rallegrato, ma il nostro è un prodotto premium e l’aumento del prezzo non porta automaticamente a una riduzione dei consumi. Lavoreremo per cercare con la via negoziale di fare capire per quale motivo non ha senso applicare dazi a un prodotto come il nostro che non è in reale concorrenza con i parmesan americani. Con gli USA occorre intavolare un ragionamento sul fatto che non si hanno vantaggi nell’intraprendere una guerra commerciale, né da un lato né dall’altro. Questo dialogo non va condotto bilateralmente dai singoli Paesi, ma dall’Unione Europea. Stiamo attraversando un momento di grande cambiamento, caratterizzato da uno scenario di incertezze legato ai conflitti in essere, da nuovi limiti imposti al libero commercio e da una nuova sensibilità del consumatore che cerca in ciò che mangia quei valori che il nostro prodotto incarna e che deve fare emergere per diventare sempre più una marca globale: non un semplice formaggio, ma uno stile di vita, un’icona del saper fare italiano. Il Consorzio sarà in grado di far fronte alle sfide future».