Studiati per la prima volta dall’Università di Firenze gli effetti dell’esposizione al polietilene sulla sopravvivenza e il comportamento degli insetti impollinatori.
La loro salute è la cartina tornasole di quella del nostro pianeta. Le api sono le protagoniste dello studio condotto dall’Università di Firenze che ha testato per la prima volta in modo complessivo la tossicità all’esposizione al polietilene, documentando uno stress a carico del comportamento alimentare di questi insetti, così preziosi per i nostri ecosistemi. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Environmental Pollution.
“Le microplastiche vengono ormai rilevate in quasi tutti gli ambienti e rappresentano una potenziale minaccia per la varietà e la salute delle specie animali e vegetali, ma poco o nulla si sa del loro effetto sulla salute degli insetti, in particolare su quella degli impollinatori”, racconta David Baracchi associato di Zoologia dell’Ateneo fiorentino e coordinatore della ricerca, “per questo abbiamo testato il polietilene, uno degli inquinanti ambientali più comuni, nelle api da miele”
I ricercatori hanno somministrato agli insetti per via orale il polimero a tre diverse concentrazioni e su varie scale temporali (1 e 7 giorni di esposizione), misurando poi gli effetti su una serie di parametri, tra i quali la sopravvivenza, l’assunzione di cibo, l’apprendimento e la memoria.
“Abbiamo scoperto che le api operaie non sono del tutto immuni all’ingestione acuta e prolungata di microparticelle di polietilene. Fortunatamente però, un effetto significativo sulla mortalità degli insetti è stato riscontrato solamente per la concentrazione più alta utilizzata nello studio, la quale è ben al di sopra gli attuali livelli ambientali di questi contaminanti”, spiega il ricercatore. “A dosi più basse, ma ecologicamente rilevanti, il polimero invece ha influenzato il comportamento alimentare, con le api che hanno consumato più zuccheri e quindi più energia rispetto ai controlli quando sono state esposte a polietilene, suggerendo che questo polimero possa indurre dei costi metabolici negli insetti”.
Più rassicuranti i saggi effettuati sull’esposizione, anche prolungata nel tempo, rispetto agli aspetti comportamentali e quelli legati ad apprendimento e memoria, i quali indicano che, anche a concentrazioni molto alte di microplastiche, non corrisponde un’alterazione delle funzioni cognitive, essenziali per i servizi ecosistemici svolti dagli insetti.
“Sebbene i primi risultati possono sembrare incoraggianti”, conclude Baracchi, “siamo consapevoli che solo studiando l’impatto dell’esposizione alle altre microplastiche, prese singolarmente e in modo combinato, potremo capire come questi insetti, sentinelle della resilienza del nostro pianeta, reagiscono a uno dei problemi più pressanti per l’ambiente”.