L’Oms chiede da tempo un’etichetta chiara e impattante, per aiutare il consumatore a orientarsi e scegliere gli alimenti migliori per tutelare la propria salute. Le proposte sono diverse, ma il caso più dibattuto è quello del Nutri-score, un sistema che esprime, attraverso colori e lettere, il giudizio sulle qualità nutrizionali degli alimenti.
È un’etichetta molto chiara, semplice, intuitiva per il consumatore. Le aziende che aderiscono sono tenute a stampare il Nutri-Score su tutto l’assortimento per evitare di privilegiare i prodotti più equilibrati. L’etichetta Nutri-Score, proposta dalla Francia e adottata in diversi Paesi europei, trova fermamente contraria l’Italia.
La battaglia contro il Nutri-Score ha messo per una volta tutti d’accordo: Federalimentare, Coldiretti e altre cooperative agricole, Slow Food, il governo. D’altronde, il giro d’affari dell’industria alimentare è colossale.
Per Serge Hercberg, professore emerito di nutrizione all’Università Sorbona Parigi nord, ideatore del Nutri-Score: “Il Nutri-score non è fatto per educare, ma per permettere al consumatore di mettere in pratica le informazioni che ha ricevuto da altre istituzioni e orientare le sue scelte alimentari. Non c’è contraddizione, piuttosto una complementarità”.
Per i sostenitori, il Nutri-Score non solo aiuterebbe il consumatore a scegliere, ma potrebbe spingere le aziende a migliorare dal punto di vista salutistico le ricette dei prodotti.
Il Centro Studi DIVULGA ha pubblicato recentemente un paper in cui elenca i potenziali rischi di questo sistema di etichettatura definito “fuorviante”. Il primo fra tutti è incentivare il consumo di prodotti ultra-trasformati, perché, a detta del Centro Studi DIVULGA: “Il sistema non tiene conto delle trasformazioni subite dai prodotti e il paradossale risultato è che i cibi ultra-processati risultano migliori di quelli naturali”. Altro grande limite attribuito al Nutri-Score è che il sistema trascura il concetto di porzione e basa il suo calcolo su una porzione standard di 100 grammi, senza tener conto di quanto effettivamente viene consumato di quel prodotto. La “colpa” sarebbe soprattutto dell’algoritmo, che, a detta dei detrattori, non terrebbe conto dell’effettivo profilo nutrizionale di un prodotto. L’algoritmo viene periodicamente aggiornato dal gruppo di scienziati provenienti dai Paesi che hanno aderito al Nutri-Score, ad esempio quando vengono pubblicati nuovi studi nel campo della nutrizione. Quando gli scienziati si sono resi conto che l’olio EVO veniva estremamente penalizzato dall’algoritmo, che lo etichettava come D, è stato cambiato per farlo diventare B, tenuto conto dei benefici per la salute se assunto con moderazione.
Si dice inoltre che Nutri-Score limiterebbe e condizionerebbe la libertà di acquisto del consumatore, sulla base di un algoritmo pensato male e che viene aggiornato (migliorandolo?) periodicamente senza il supporto di scienziati italiani, che sull’argomento spesso tacciono. L’Italia non indietreggia e la Commissione europea è lontana dal prendere una decisione finale sull’adozione o meno del Nutri-Score, lasciando al momento ai singoli Stati la facoltà di decidere.
Stefania Milanello
Esperta in tecnologie alimentari e divulgatrice scientifica