La strategia UE penalizza il settore, indicato come fortemente impattante dal punto di vista delle emissioni e del consumo di suolo.
Come riporta il Sole 24 Ore, la zootecnia europea respinge le accuse sull'inquinamento: "Il settore è responsabile del 7,2% delle emissioni di gas serra, la metà della media mondiale che ammonta al 14,5%. Il rimanente 85% proviene dall'utilizzo di combustibili fossili" - spiega Giuseppe Pulina, ordinario di zootecnia all'Università di Sassari.
Tramite un documento che contesta la strategia Farm to Fork gli allevatori di sette Paesi UE sottolineano invece come, per quanto concerne il consumo di suolo, i terreni agricoli europei ammontino a 161 milioni di ettari, il 68% dei quali è destinato all'allevamento. Nel computo sono compresi 39,1 milioni di ettari coltivati a cereali e semi oleosi e 70,7 milioni a prato. Se le attività di allevamento venissero ridotte, questi terreni andrebbero riconvertiti all'agricoltura oppure lasciati abbandonati, andando a ridurre la biodiversità e ad aumentare il rischio di dissesto idrogeologico.
La filiera zootecnica europea conta un valore alla produzione che equivale al 40% dell'intera produzione agricola UE. Una ricerca del Dipartimento dell'Agricoltura USA ha ipotizzato uno scenario futuro nel quale viene applicato, senza correzioni, il Farm to Fork: i prezzi cresceranno del 17%, mentre le esportazioni perderanno il 20%. Per sopperire al calo di produzione, l'Europa dovrà inoltre comprare carne da altri Paesi dove non ci sono limiti all'uso di antibiotici, le emissioni sono maggiori e gli standard sul benessere animale non sono rispettati.