La pandemia da Covid-19 e il conseguente lockdown hanno influenzato notevolmente l’andamento dei consumi e causato un temporaneo azzeramento del canale fuori casa.
L’Italia rimane il maggiore produttore mondiale di pasta. La necessità di realizzare elevati volumi di vendita, date le condizioni generali del mercato (eccesso di capacità produttiva), tende a mettere al centro la competizione sul prezzo. Nel 2020 il fatturato settoriale mostra un significativo incremento, 4.937,8 milioni di euro (+10,8%). Sul fatturato complessivo, le vendite estere hanno un’incidenza del 58%.
Segno più per consumi domestici ed esportazioni
Nel corso del 2020 la crescita dei volumi prodotti è stata dell’8,6%. Cresce anche il mercato interno del 4,1% in valore, raggiungendo i 2.154 milioni di euro circa, e dell’1,4% in termini reali. Questo trend deriva anche dai grandi cambiamenti nell’andamento dei consumi verificatisi a causa del Coronavirus e del conseguente lockdown. Cambiamenti che hanno portato anche a un temporaneo azzeramento del canale fuori casa, in Italia e nei principali stati esteri. Nel complesso i consumi fuori casa nel nostro Paese hanno mostrato una tendenza al ribasso del 25-30%. Diverso andamento hanno mostrato invece i consumi domestici, che si sono incrementati in misura significativa per un mercato maturo come quello pastario. Tutti i segmenti (pasta secca, fresca e secca ripiena) hanno registrato buoni andamenti, a eccezione della pasta surgelata, fortemente legata ai consumi fuori casa e quindi in crisi. Ovvero, la pasta secca cresce del 5,8% (2,5% in termini reali); quella fresca del 3,7% (2% in termini reali) e la pasta secca farcita cresce del 7,4% (4,4% in termini reali). Per il 2021 si prevede una fase di assestamento, dopo i forti cambiamenti dall’anno precedente, con una flessione del fatturato del 3,4% (e della produzione in termini reali dell’1,2%). Si prevede un calo delle vendite estere (-2,1% in termini reali, -6,9% in valore), mentre il mercato interno dovrebbe mantenere un andamento stabile in termini reali, con un incremento dell’1,2% in valore.
Sono pochi i grandi operatori
In Italia operano circa 120-130 pastifici, solitamente specializzati in un solo segmento di mercato, anche se circa 10-20 aziende presidiano sia il segmento della pasta fresca che quello della pasta secca. Gli stabilimenti sono localizzati in tutta Italia, con una prevalenza numerica nell’Italia meridionale, vicino alle zone di produzione del grano duro.
Il costo delle materie prime
Il settore pastario si caratterizza per un’incidenza molto elevata del grano duro sulla struttura dei costi. Questa materia prima raggiunge circa il 40-50% di incidenza sul fatturato (60% circa per la pasta secca, 40% circa per la pasta fresca e per la pasta surgelata). È, di conseguenza, uno degli elementi che influenza maggiormente i prezzi del prodotto finito. La scelta del grano duro è fondamentale, perché determina colore, gusto e tenuta in cottura. Una quota consistente del grano duro utilizzato è di importazione (il grano canadese si caratterizza per un elevato contenuto proteico, che permette la formazione della rete glutinica che conferisce la tenuta di cottura). Le quotazioni di questa materia prima sono estremamente volatili e dipendono da fattori come le superfici di anno in anno coltivate, le condizioni metereologiche, l’andamento dei raccolti.
Le scelte dei consumatori
Dopo anni in cui la domanda ha mostrato una tendenza generale a un calo del consumo giornaliero di carboidrati, con lo scatenarsi della crisi in atto si evidenziano andamenti opposti: la domanda tende a spostarsi verso prodotti normali, caratterizzati da un buon rapporto qualità/prezzo. Questo cambiamento di rotta è dettato da una significativa riduzione della capacità di spesa di un’ampia parte della popolazione, e dalla tendenza a creare scorte casalinghe.
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