Marco Gnaccarini è Tecnologo alimentare e lavora in una slaughterhouse nel ruolo di Assicurazione Qualità. Con lui parliamo dell’influenza esercitata dall’implementazione delle pratiche per il benessere animale sul miglioramento della qualità delle carni suine.
Assistiamo ad una riscoperta di pratiche più rispettose di allevamento degli animali, con maggiori spazi a disposizione, minor impiego di farmaci, interventi volti alla riduzione degli stress nel trasporto, più lontane dalle pratiche adottate negli allevamenti intensivi, con il presupposto che “un animale allevato correttamente produce di più e meglio”. Anche da parte del consumatore le decisioni di acquisto dimostrano lo sviluppo di una forte sensibilità per il benessere animale sia per motivi etici, sia per la consapevolezza dell’impatto positivo che questi interventi hanno sulla qualità e la salubrità dei prodotti. Negli ultimi anni gli operatori del settore zootecnico in Europa hanno scelto in numero sempre maggiore di applicare pratiche di allevamento conformi alle linee guida sul benessere degli animali negli allevamenti.
Nel suo lavoro si confronta spesso con altri specialisti del settore, come i veterinari. Trova che i suoi studi universitari le abbiano fornito tutte le competenze necessarie per comprendere e trattare gli argomenti legati al settore delle produzioni animali?
Il confronto penso sia fondamentale per tutti, non si ha mai finito di imparare e quindi di studiare, soprattutto nel settore alimentare delle carni, in continua evoluzione. Per quanto riguarda gli studi universitari da Tecnologo, danno sicuramente la base per comprendere e trattare gli argomenti di settore delle produzioni animali, però è comunque necessario un approfondimento dei vari temi più specifici. Il confronto porta spesso benefici in modo bilaterale, quindi sono sempre favorevole a questo approccio.
Quali sono le fasi di processo determinanti in questo stadio della lavorazione delle carni suine e le criticità legate a queste operazioni?
Le fasi di processo partono dalla gestione degli animali vivi, fino ad arrivare alla spedizione delle carni sezionate. Si inizia dal trasporto degli animali alle stalle di sosta (rispettando il benessere animale), poi una prima fase di stordimento, iugulazione, dissanguamento, scottatura, depilazione, una seconda fase di eviscerazione, divisione carcasse, verifiche veterinarie, pesatura, timbratura, bollatura, una terza fase di sezionamento sia a caldo che a freddo, una quarta fase di stoccaggio e spedizione della carne. Le criticità sono quelle che derivano da eventuali pericoli, microbiologici-fisici-chimici, che possono insorgere nel processo. Essendo controlli di processo, la normativa è meno restrittiva, rispetto agli attori finali che producono/lavorano direttamente per il consumatore. Certo che la “mission” deve sempre essere quella di produrre alimenti sani e sicuri, salvaguardando la salute dei lavoratori e l’ambiente, quindi cercando di migliorare tutti gli aspetti di questi processi aziendali, ampliando la visuale a 360 gradi. Criticità sulla qualità della carne potrebbero esserci in ogni fase di processo, se questo non viene gestito correttamente e tarato sul tipo di carne da ottenere.
Ha notato un miglioramento quantitativo e qualitativo delle produzioni animali in relazione all’applicazione di metodi rispettosi del benessere degli animali durante l’allevamento?
I fattori che influiscono sul miglioramento qualitativo della carne, sono molteplici, penso che il benessere animale, sicuramente è favorevole, poi altri fattori sono fondamentali, come genetica e alimentazione, in base al tipo di prodotto che si vuole ottenere. Nello specifico il trend futuro di miglioramento del rispetto del benessere animale deve sempre essere supportato dalla capacità imprenditoriale degli allevatori, per migliorare l’approccio generale (biosicurezza, strutture….) e la gestione consapevole del farmaco. Altro tema che sta sempre più creando interesse nel consumatore, in quanto il pericolo dell’antibiotico resistenza avanza in modo molto pericoloso e bisogna che tutti cerchino di ridurre l’utilizzo di antibiotici, quando possibile, sia negli animali che nell’uomo.
Nel trasferimento, le operazioni di trasporto e scarico presso il macello e l'attesa pre-macellazione degli animali possono rappresentare una fonte di stress per i suini, con conseguenze negative sulla qualità della carne fresca e dei prodotti trasformati. Come gestite queste situazioni?
Sicuramente le fasi di trasporto/scarico/sosta possono creare stress per gli animali, ma con una programmazione minuziosa degli arrivi dei camion, gestioni corrette di scarico e tempi di sosta adeguati, si riesce a sopperire alle conseguenze negative della carne. Anche in queste fasi intervengono molteplici fattori che favoriscono l’insorgenza o meno dello stress (genetica, alimentazione, ecc.), ma uno degli aspetti che spesso non viene gestito è la capacità deambulatoria dei soggetti, la propensione a camminare degli animali. Ad esempio, un suino che nella sua vita non è mai stato spostato, quando verrà caricato sul camion creerà molta più resistenza di animali che nella loro vita sono stati trasferiti più volte tra siti o tra capannoni/box. Questo aspetto si ripercuote molto su queste fasi e sarebbe importante cercare di ridurlo, per avere suini meno problematici allo scarico nelle stalle di sosta (affannati, impauriti, vocalizzi, scivolate, rotture di arti, ecc.) e quindi per evitare macellate d’urgenza.
Quali sono i parametri critici da monitorare in relazione allo stress animale e alla qualità delle carni?
Lo stress si manifesta quando si esce dalla propria zona di comfort, anche per gli animali sembra sia così, quindi tutto quello che avviene intorno a loro e di cui non sono abituati, crea stress. Una gestione corretta delle varie fasi riduce questo aspetto, però alcuni limiti sono fisiologici ed intrinseci del tipo di animale allevato in un certo modo. Parametri sanitari, di allevamento (stabulazione-alimentazione…), trasporto, genetica, fasi di macellazione, tutto può influire sulla qualità della carne. Infatti si crea una selezione degli allevamenti in base a tutti questi indicatori, correlando il tipo di prodotto da vendere alle caratteristiche della carne dei suini macellati (carne magra, infiltrata di grasso, grassinata, dimensioni cosce/lombi, presenza di malattie come il Mal Rossino o la leptospirosi, ascessi, tipo di grasso, pH, botte, scosse allo stordimento, rotture interne, imbrattamenti, tipo di cotenna, colore carne/cotenna, compattezza dei fasci muscolari, odore….).
Nella ricerca di sostanze antimicrobiche, avete stabilito una soglia massima a livello aziendale o fate riferimento ai limiti indicati dalle direttive nazionali?
La ricerca di antimicrobici avviene regolarmente sia come Autocontrollo Aziendale, sia da parte dei Veterinari Ufficiali. La ricerca può avvenire in vari modi e con vari metodi, dalla classica ricerca di inibenti alle analisi multiresiduali (ricerca di circa 60 analiti), su varie matrici (carni, frattaglie, alimentazione dei suini, urine, acqua…). Ad esempio, alcuni analiti ricercati nelle analisi multiresiduali sono: Cloramfenicolo, Pennicillina, Colistina, Lincomicina, Gentamicina, Chinolonici, Tetracicline, Amoxicillina, Ampicillina, Clortetra, Ossitetra, Florfenicolo, Gentamicina, Sulfametazina, Trimetosulfa, Sulfamidici, Ceftiofur, Marbofloxacina, Tlatromicina, Trimetropin, Tiamulina, Tilmicosina Tilosina, Doxiciclina. I limiti adottati in autocontrollo, in alcune Filiere, sono più bassi rispetto a quelli nazionali/comunitari, in altri casi si adottano i parametri di legge, come riferimento.
In che misura e come l’utilizzo di farmaci negli allevamenti può influenzare la qualità dei prodotti derivati dalle carni?
In modo diretto è difficile da correlare, ci sono alcuni studi su ghiandole bersaglio per definire se gli animali sono stati trattati o no. Nelle varie esperienze vissute possiamo fare supposizioni di correlazione tra farmaci e qualità della carne, ad esempio il tipo di carne e il rilascio di acqua potrebbe essere un esempio concreto. L’aspetto che negli anni bisogna cercare di arginare il più possibile è sicuramente l’antibiotico resistenza, quindi un uso consapevole dei farmaci deve essere adottato da tutti gli allevamenti, cercando di ridurre in modo progressivo i consumi, migliorando biosicurezza, benessere animale, strutture, alimentazione, contaminazioni crociate, gestione ambientale e gestione generale. Sicuramente una formazione più puntuale negli allevamenti, aiuta l’intera filiera della carne.
Intervista al tecnologo
di Silvia Monguzzi