In attività dal 1975, il caseificio F.lli Starace lavora latte vaccino a crudo per la produzione di formaggi tipici della Regione Campania. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Achille De Luca, ingegnere informatico per (prima) scelta e imprenditore caseario per tradizione e curiosità. L’uomo che da 31 anni “sussura ai Caciocavalli” ci ha raccontato come ha costruito la sua professione e anche il successo della piccola azienda di famiglia tra tradizione e rinnovamento, curiosità e condivisione del sapere.
Come è cominciata la sua avventura nel caseificio di famiglia?
Laureato in ingegneria elettronica, non ho mai frequentato scuole casearie in senso stretto, ma la mia famiglia si è da sempre occupata di produrre formaggio. Da mio nonno, a mio padre, ai miei zii sono stati tutti casari e io sono letteralmente cresciuto in caseificio. Subito dopo la laurea ho lavorato in due aziende multinazionali dell’informatica, ma all’inizio degli anni ’90, a causa della malattia di mio padre, sopraggiunta improvvisamente, sono entrato in azienda per seguirne innanzitutto gli aspetti amministrativi, data la mia esperienza pregressa di direttore di filiale. Ho affrontato una prima razionalizzazione di alcune attività in azienda; e poi ho cominciato ad affiancare gli esperti di produzione – mio padre e mio zio – per cercare di capire e carpire i segreti “del casaro”, che come ben sappiamo sono sempre ben gelosamente custoditi. Per la mia formazione sono state fondamentali, però, la curiosità e la voglia di apprendere.
Come si è evoluto negli anni il suo ruolo, anche dal punto di vista delle competenze che ha dovuto acquisire?
F.lli Starace lavora ancora oggi, come facevano i fondatori, partendo da latte crudo. La mia strategia aziendale è stata quella di condividere e continuare sulla strada intrapresa dai miei nonni e zii anche perché prevedevo che quel tipo di lavorazione avrebbe dato all’azienda un vantaggio competitivo nel mercato dei prodotti caseari di pregio. Approfittando di un finanziamento, abbiamo fatto investimenti importanti per razionalizzare la produzione e per contenere i costi di gestione. Nel 1993 ho partecipato alla costituzione del Consorzio Caciocavallo Silano DOP, di cui oggi il caseificio F.lli Starace è uno dei due soli produttori presenti in Campania. Abbiamo quindi proseguito tenendo sempre ben presente l’importanza di modernizzarsi nel solco della tradizione e di continuare con lo sviluppo di nuovi prodotti: per esempio qui è nato il Caciocavallo con i peperoni cruschi – tipici della cucina lucana – e, l’anno scorso, quello allo zafferano. Siamo stati i primi a commercializzare in modo continuativo il caciocavallo dell’emigrante in sinergia con un salumificio artigianale della nostra zona, chiedendo per questo prodotto, la cui storia si perde negli anni, una protezione per la denominazione. Per la nostra dimensione l’attenzione alla qualità del prodotto è stata una strada obbligata; penso che non avremmo potuto e non potremmo essere competitivi altrimenti.
Come avete adattato (anche in termini di igiene e sicurezza) le produzioni artigianali dei vostri formaggi tipici alle esigenze del mercato moderno?
Quando parliamo di qualità noi ci riferiamo alle materie prime e alla lavorazione. Usiamo latte esclusivamente del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano, il più grande parco antropizzato di Italia, all’interno del quale operiamo. Quasi tutta la materia prima proviene da allevamenti di montagna (dai 600 metri fino a più di 1000 metri): le mucche al pascolo garantiscono un latte estremamente ricco e intenso in termini di aromi e profumi, che derivano dalle erbe che assaporano.
Una volta raccolto, il latte non viene pastorizzato per evitare di distruggere la caratteristica flora caseogena. Per garantire la stessa sicurezza microbiologica di un latte pastorizzato facciamo controlli a monte, sulle stalle, molto stringenti. Il latte viene pastorizzato solo per la produzione di caciotte e in caso di emergenze (quando per esempio viene notificata la presenza di una qualche allerta sanitaria in zona), per non far perdere il risultato degli sforzi quotidiani degli allevatori, assicurando loro anche una continuità di reddito.
Abbiamo quindi costi di produzione superiori rispetto al prodotto industriale, a fronte di una qualità non comune. Nel nostro punto vendita il prodotto più richiesto è la mozzarella filata e mozzata a mano; che abbiamo deciso di produrre, come si faceva una volta, un po’ per sfida, un po’ per memoria di famiglia. La scommessa è stata vinta.
Al mercato estero, supportati da rivenditori e agenti, destiniamo principalmente i prodotti stagionati, come caciocavalli, nelle varie declinazioni, e ricottine affumicate.
Pensa che oggi, in un mondo del lavoro in cui si bada sempre di più alla specializzazione, sia possibile che un giovane possa fare un percorso di costruzione della professionalità, in ambito caseario, come il suo?
Ho molta stima della generazione dei giovani d’oggi. Hanno le prerogative per fare anche meglio di quanto abbiamo fatto noi, grazie a maggiori opportunità e risorse; in più hanno dalla loro parte la facilità di usare e capire i mezzi informatici ma soprattutto il mondo di Internet. Sono convinto, però, che la differenza la facciano sicuramente la voglia di comprendere, la curiosità di apprendere e la caparbietà di raggiungere il risultato, senza farsi scoraggiare dalle difficoltà.
C’è però anche un modo di fare l’imprenditore che può fare la differenza sulla preparazione e la costruzione delle competenze di chi viene assunto in azienda…
Credo che il segreto di una buona impresa sia la volontà di costruire un ambiente dove le conoscenze siano, nel limite del possibile, condivise. La nostra azienda attualmente ha 6 dipendenti, tra cui un casaro e un aiuto-casaro, per poter assicurare sempre la continuità e la costanza del processo produttivo. La nostra filosofia è quella di avere, in ogni ruolo, una sorta di back-up delle conoscenze, aspetto che ho appreso ai tempi del mio lavoro da informatico. Nella nostra azienda, tutte le conoscenze, dal funzionamento di un impianto di produzione al processo di creazione di un formaggio, sono condivise da almeno due persone, in modo da evitare qualsiasi interruzione. È un approccio gratificante sia per chi condivide che per chi impara: trasferire le conoscenze fa crescere di valore la professionalità del discente. In questi anni di pandemia, tra l’altro, è stata la nostra salvezza perché siamo riusciti a non fermare mai la produzione, anche nei periodi di massima diffusione dei contagi, che costringevano i lavoratori a stare a casa per lunghi periodi.