Un colosso inglese della grande distribuzione ha recentemente comunicato la decisione di eliminare dalle confezioni di latte la data di scadenza. L’iniziativa è mossa da intenzioni lodevoli, come la riduzione degli sprechi il latte e delle emissioni, essendo il latte il terzo prodotto alimentare più sprecato in UK e con un’elevata impronta ecologica.
La soluzione proposta è però – forse – un po’ naif: il consumatore dovrebbe affidarsi al proprio naso per valutare la qualità (e sicurezza!) del latte comprato qualche (o molto) tempo prima. La presenza di un odore acido dovrebbe essere un indicatore sufficientemente preciso dell’eventuale alterazione del prodotto, così come potrebbero esserlo la presenza di coaguli e cagliature. Per assistere il consumatore, indeciso sul da farsi, rimarrebbe comunque una data di preferibile consumo, utile per orientare la scelta verso la tazza o il pattume. A sostegno della fattibilità dell’idea, il responsabile acquisti dell’azienda riporta che “le generazioni precedenti alla nostra si sono sempre avvalse delle proprie capacità olfattive” (anche le gastroenteriti alimentari erano più frequenti in passato). Al di là del momento storico in cui, a causa del famigerato Covid-19, il nostro naso ha perso (talvolta e per fortuna solo temporaneamente) la capacità di distinguere un pesce da una fragola, e senza considerare che d’inverno riniti e sinusiti sono piuttosto comuni, credo che i progressi del nostro tempo potrebbero offrire tecnologie un poco più all’avanguardia (dagli ITT, indicatori tempo temperatura, alla domotica più elaborata, che avverte quando un prodotto nel frigo sta per scadere). Oltre a questo, l’impegno di chi, come me, si occupa di scienze degli alimenti, nel formare, divulgare, insistere talvolta, sull’importanza della corretta gestione dei prodotti che acquistiamo, è andato via via crescendo negli anni. Il consumatore è anche in questo caso centrale, ma non perché gli affidiamo il compito di “sniffare” la qualità, in tutte le sue forme, di un prodotto alimentare, ma perché lo possiamo rendere consapevole. Consapevole che la data di scadenza ha un preciso significato. Consapevole che non per tutti i cibi, può bastare un annusatina per escludere un rischio microbiologico o un decremento significativo della qualità. Consapevole che per non sprecare, si può ad esempio razionalizzare la spesa, evitando di fare scorte maggiori di quelle di cui si necessita. Credo che le aziende alimentari possano avere idee più brillanti di un naso… non-artificiale.
Benedetta Bottari, PhD.
Associate professor of Food Microbiology
Department of Food and Drug
University of Parma