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Dopo anni di crescita continua a livello mondiale, il settore del vino italiano ha vissuto un 2023 con elementi positivi ed altri che certamente non lo sono; rispecchiando una tendenza globale ha subito una contrazione in valore degli scambi internazionali del 5%. Nomisma ha approfondito le dinamiche in atto in questo comparto fondamentale per il Made in Italy.

Secondo Denis Pantini, Responsabile Agrifood & Wine Monitor di Nomisma i motivi di questo rallentamento sono diversi: “innanzitutto, va detto che nell’immediato post Covid molti mercati avevano accelerato le importazioni per i timori di una interruzione nella catena di fornitura, ma anche per reagire all’inflazione crescente e alla stretta dei tassi. In questo modo, gli importatori si sono trovati nel 2023 con i magazzini pieni e non sono riusciti a smaltire il prodotto, considerati i normali trend di consumo”.

“In questo scenario, dal lato del consumatore si è aggiunta la frenata dell’economia, che ha pesato sulle capacità di acquisto – continua nella su analisi Pantini - i produttori italiani, tuttavia, hanno reagito a questa fase non positiva con un export che ha tenuto meglio rispetto ai principali competitor internazionali, come i francesi, i cileni e gli spagnoli. Il 2024, purtroppo, è iniziato allo stesso modo del 2023, con un calo generalizzato dei volumi in quasi tutti i principali mercati, che restano in sofferenza a causa soprattutto della difficoltà di smaltire le eccedenze di stock. Detto questo, molti operatori del settore si aspettano un riallineamento fra import e consumi dopo l’estate”.

Cambiamenti culturali

Per comprendere la dinamica in atto va, Nomisma sottolinea il peso del cambiamento delle abitudini legate al vino. “Stiamo assistendo a qualcosa di profondo, che arriva da lontano. Sicuramente ha inciso la sovrapposizione di aspetti congiunturali (potere d’acquisto e inflazione, prima di tutto) con quelli strutturali (preferenze e nuove abitudini di consumo). Ad esempio, in questi ultimi anni abbiamo assistito da un lato alla progressiva riduzione del consumo di vino rosso e, dall’altro, al consolidamento delle preferenze per i bianchi più freschi e leggeri e le bollicine. Al contempo, è calato il consumo di vino inteso come alimento in accompagnamento al pasto quotidiano: questo, ad esempio, ha portato ad una maggior diffusione dei consumi di spumanti, un tempo prerogativa delle festività, il cui consumo oggi è destagionalizzato, legato agli aperitivi e ad aspetti più conviviali del buon vivere”.

Esportazioni e mercato interno

Oggi la situazione internazionale è complessivamente poco brillante; tuttavia, in alcuni mercati si assiste a un qualche segnale di ripresa dell’export. “Sono ripartite le importazioni di vino in Nord America, in particolare in Canada, e tiene il passo la Gran Bretagna, mentre si confermano in calo le importazioni in Germania. Permangono le difficoltà in Asia, soprattutto in Giappone e in Corea del Sud, ma qualche segnale positivo arriva dalla Cina, pur considerando che si tratta di un mercato estremamente complesso, con oscillazioni rilevanti che rendono arduo ogni pronostico.” - evidenzia Pantini.

Per l’Italia l’andamento delle vendite al supermercato e nella ristorazione è molto diverso. “Le vendite nella grande distribuzione evidenziano ancora segno negativo, questo anche perché il consumatore italiano deve fare i conti con una capacità di spesa che negli ultimi anni si è indebolita. Va meglio, invece, il settore della ristorazione, che aveva già chiuso bene il 2023 e ha mantenuto lo stesso impulso nei primi mesi del 2024. Qui ha influito il ritorno dei turisti stranieri, che per numero di presenze hanno superato gli italiani, trainando il consumo di vino fuori casa”.

La conclusione secondo l’esperto di Nomisma è legata ad una sfida per il sistema vitivinicolo italiano, quella del valore. “Il differenziale di prezzo del vino, ancora ampio con i francesi, deriva da diversi fattori, ma tra questi occorre segnalare la frammentazione dell’offerta, perché quanto più è polverizzata, tanto più è difficile sviluppare politiche condivise di valorizzazione, comunicazione e posizionamento del prodotto che si possano riflettere positivamente sul prezzo, soprattutto in un mercato globale dove la distribuzione, al contrario, diventa sempre più concentrata (come nel caso degli Stati Uniti)”.

Fonte Nomisma 

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