Per contrastare l’import in UE di conserve di pomodoro che non rispettano gli standard di sostenibilità richiesti alle analoghe produzioni europee servono misure tra le quali l’obbligo di indicazione di origine del pomodoro, l’adozione del principio di reciprocità di regole commerciali per i prodotti importati, l’approvazione della direttiva europea sulla Corporate Sustainability Due Diligence per il settore agroalimentare.
Queste sono alcune delle proposte presentate durante il convegno “Contrastare l’importazione in Europa di conserve di pomodoro che non rispettano gli standard di sostenibilità europei. Una proposta della filiera italiana del pomodoro da industria”. L’evento è stato organizzato dall’OI Pomodoro da Industria Nord Italia al Tomato World di Piacenza proprio con l’obiettivo di presentare alle istituzioni una serie di iniziative indispensabili per porre un freno alla messa in commercio in Europa di derivati del pomodoro provenienti da Paesi che producono sotto le soglie minime di sostenibilità ambientale e sociale. Ad ascoltare le proposte il Ministro all’Agricoltura Francesco Lollobrigida, il Viceministro alle Imprese e al Made in Italy Valentino Valentini, i membri del parlamento europeo Herbert Dorfmann, Sabrina Pignedoli, Paolo De Castro e l’Assessore all'Agricoltura della Regione Emilia-Romagna Alessio Mammi.
La filiera italiana del pomodoro da industria conta oggi 115 imprese di prima trasformazione, 36 organizzazioni dei produttori agricoli, 35.000 lavoratori fra fissi e stagionali. Rappresenta ben il 50% della produzione europea e il 15% della produzione mondiale, che significano 5,4 milioni di tonnellate prodotte ogni anno, di cui 3,3 milioni destinati all’export per un valore complessivo di fatturato di 4,4 miliardi di €, di cui 2,5 miliardi derivanti dall’export.
Le proposte
La filiera del pomodoro da industria italiana subisce oggi una concorrenza sleale da parte di alcuni paesi extra UE che hanno aumentato notevolmente l’esportazione di derivati sui mercati internazionali e europei, senza rispettare i nostri parametri e riuscendo a proporre i loro prodotti a prezzi inferiori ai nostri.
Di fronte a questa situazione, alla perdita di redditività per l’industria e per gli agricoltori italiani, Antonio Casana (referente Anicav e Presidente Comitato Sostenibilità Tomato Europe) in rappresentanza della trasformazione industriale e Luigi Sidoli (Vicepresidente OI Pomodoro da Industria Nord Italia), in rappresentanza della produzione agricola, hanno presentato il contenuto della proposta, sottolineando che i concentrati, i pelati, le polpe e le passate che si trovano nei supermercati italiani sono ottenuti da materia prima 100% italiana e sostenibile, mentre il problema si pone a valle della filiera, quando in Europa altre aziende possono impiegare semilavorati importati da paesi extra europei per successive lavorazioni.
Sul piano nazionale la filiera propone di promuovere una campagna informativa per chiarire ai consumatori che i derivati del pomodoro italiani sono 100% made in Italy e che vi è una normativa che obbliga alla trasparenza e all’indicazione di origine in etichetta in Italia, nonché richiede di accelerare l'adozione di strumenti per la verifica e il controllo della provenienza del pomodoro.
Sul piano europeo, invece, invita a estendere anche agli altri paesi l'obbligo di indicare l'origine del pomodoro in prodotti in cui questa materia prima è protagonista; adottare il principio di reciprocità di regole commerciali per i prodotti importati; approvare la direttiva europea sulla Corporate Sustainability Due Diligence, in particolare per il settore agroalimentare; normare e standardizzare indicatori di sostenibilità ambientale e sociale sui prodotti alimentari; supportare maggiormente i produttori europei di pomodoro con aiuti accoppiati; favorire l'adozione di nuove tecniche genomiche per migliorare le coltivazioni di pomodoro.