Un recente Report pubblicato dall’EFSA (ne abbiamo parlato nel dettaglio qui) ha posto l’attenzione sull’aumento delle contaminazioni batteriche nei molluschi bivalve. Si tratta di alimenti di origine animale largamente consumati; costituiscono una importante risorsa economica soprattutto per le regioni costiere, ma possono essere anche pericolosi vettori di Malattie a trasmissione alimentare (MTA), specialmente se consumati crudi o poco cotti. Inoltre, gli effetti prodotti dai cambiamenti climatici e la resistenza agli antibiotici impongono un controllo mirato e più stringente per contenere il rischio per il consumatore.
Secondo la Professoressa Tiziana Pepe, Docente nel Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali,presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II (partner del Consorzio METROFOOD-IT, un’infrastruttura di ricerca finanziata nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), occorre prestare particolare attenzione all’aumento delle emissioni di CO2 derivante dalle attività antropiche.
“Vibrioparahaemolyticus, Vibriovulnificus e Vibriocholerae sono le specie maggiormente responsabili di malattie a trasmissione alimentare (MTA) legate al consumo di molluschi bivalve, quali ostriche, cozze e vongole. I molluschi bivalve, in quanto organismi filtratori, svolgono un ruolo fondamentale come bioindicatori degli ecosistemi marini, poiché trattengono non solo nutrienti, ma anche contaminanti chimici e microrganismi. La trasmissione all’uomo avviene principalmente a causa dell’abitudine di consumare i molluschi crudi o poco cotti; quindi, non sottoposti a trattamenti termici adeguati ad inattivare i patogeni eventualmente presenti”, puntualizza la Prof.ssa Pepe. “Inoltre, le temperature elevate negli ambienti marini favoriscono la replicazione dei batteri e la loro stretta interazione. Tale condizione facilita l’acquisizione di geni di resistenza attraverso il trasferimento genico orizzontale e può anche favorire l’espressione dei geni di virulenza e di resistenza.
Ci sono alcune importanti buone pratiche da adottare per contenere i rischi. Nella delicata fase di produzione l’operatore del settore alimentare deve contenere la presenza di vibrioni nei molluschi bivalve mediante l’impiego di misure preventive come il mantenimento della catena del freddo durante tutte le fasi di lavorazione, trasporto e conservazione; la lavorazione ad alta pressione, l’irradiazione, l’abbattimento termico e congelamento a lungo termine e la depurazione. Inoltre, in fase di commercializzazione e consumo, le raccomandazioni sono l'adozione di standard igienici elevati, la corretta manipolazione ed una cottura adeguata, soprattutto per i soggetti vulnerabili.
Il contributo della ricerca scientifica
“Per un’efficace gestione del rischio legato alla diffusione di Vibrio spp., è necessario sviluppare modelli predittivi basati sullo studio di parametri ambientali, quali temperatura, salinità, condizioni climatiche e frequenza di eventi estremi per identificare le aree maggiormente esposte ed eseguire una mappatura geografica temporale. Tali dati devono essere integrati con le informazioni sulla ecologia di Vibriospp., per consentire una valutazione precisa e dinamica del rischio microbiologico associato e permettere l’attuazione di interventi mirati quali la chiusura temporanea di aree di raccolta durante periodi critici. Al contempo, è necessario implementare i metodi di monitoraggio mediante l’adozione di tecniche molecolari avanzate, come la qPCR, e strumenti portatili di analisi per rilevamenti rapidi e accurati della contaminazione nei molluschi e nell’acqua di mare. Questo permette di incrementare la capacità di rilevamento, consentendo risposte tempestive e migliorando significativamente il controllo della contaminazione”, sottolinea la Prof.ssa Pepe .