L’antibiotico resistenza è un tema centrale nelle politiche sanitarie e un filo rosso che lega la salute dell’uomo, la sicurezza alimentare e il benessere animale. Un problema complesso, per la cui limitazione è necessaria una visione olistica, secondo il ben noto concetto di One Health, l’approccio multidisciplinare che si basa sul riconoscimento che la salute umana, quella animale e la salute dell’ecosistema sono legate indissolubilmente.
È ormai consolidato il nesso di causalità tra il consumo degli antibiotici e la comparsa di antibiotico-resistenza e pertanto da anni si è posta in essere una strategia volta a una significativa riduzione dell’uso di antibiotici negli allevamenti, come evidenziato anche da AISA, l’Associazione nazionale Imprese Salute Animale. La diminuzione dell’uso di questi farmaci in veterinaria, stando ai dati del Ministero della Salute (citati da AISA) si attesta al 30%, secondo la logica del “quando serve e quanto serve”.
Abbiamo chiesto a Paolo Pasquali del Dipartimento di Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità Pubblica Veterinaria dell’Istituto Superiore di Sanità, una riflessione sull’uso dei vaccini in allevamento, con un’attenzione ai concetti di efficacia e welfare aziendale.
Anche in ambito zootecnico, ricorrere al vaccino è una delle strategie che permette di ridurre efficacemente l’uso di farmaci antibiotici?
Sì, certamente. Oggi abbiamo a disposizione una gamma di vaccini molto ampia, che copre quasi tutte le principali malattie. È vero tuttavia che i vaccini possono avere diversi gradi di efficacia a seconda che proteggano dall’infezione ovvero che riducano la sintomatologia, le lesioni o che impediscano l’eliminazione del patogeno nell’ambiente, prevenendone la ulteriore diffusione e quindi il propagarsi della malattia.
Qual è l’iter di approvazione a cui vengono sottoposti?
Il vaccino viene autorizzato dall’Agenzia Europea per il farmaco (EMA) oppure dall’Autorità competente nazionale (in Italia il Ministero della Salute), che sulla base delle evidenze scientifiche fornite dall’azienda produttrice ne verifica la qualità, l’innocuità e l’efficacia.
Perché?
I vaccini non sono tutti uguali: hanno una diversa efficacia e possono avere effetti collaterali. I vaccini sviluppati sono riconducibili a due categorie. I vaccini costituiti da forme inattivate o da componenti antigeniche del patogeno; questi in genere sono i più sicuri (in termini di effetti collaterali) ma tendono ad avere un’efficacia più limitata; e i vaccini a base di agenti patogeni vivi ma attenuati (che non possono esercitare una completa azione patogena). La vaccinazione con patogeno attenuato dà la maggior protezione ma questi prodotti sono più a rischio, perché veicolando il patogeno – ancorché attenuato – potrebbero indurre una forma lieve di malattia, soprattutto se utilizzati in situazioni dove sussistono fattori predisponenti (per esempio in una popolazione con condizioni particolari, come gravidanza o giovane età degli animali). Tuttavia, questi ultimi sono in grado di promuovere una risposta immunitaria molto simile a quella che si verifica quando l’animale è esposto al patogeno e quindi sono ritenuti più efficaci.
Possiamo credere a quanto è affermato sul foglietto illustrativo?
Quanto riportato nel foglietto illustrativo è l’esito degli studi effettuati dalla ditta produttrice nelle fasi di sviluppo del vaccino ed è stato accuratamente verificato dall’autorità competente nazionale o comunitaria. Va detto comunque che il sistema regolatorio è un sistema dinamico che prevede la farmacovigilanza, attraverso cui anche gli utilizzatori finali (veterinari o allevatori) possono contribuire alle informazioni derivanti dall’uso di un particolare vaccino. Infatti, con la farmacovigilanza si vuole verificare l’innocuità e l’efficacia del prodotto quando utilizzato in campo in diverse condizioni e soprattutto su un numero estremamente ampio di soggetti. Il Ministero della Salute a tal proposito ha un servizio dedicato per la raccolta delle informazioni derivanti dall’uso dei farmaci e dei vaccini veterinari e come autorità competente, alla luce di eventuali conseguenze osservate in campo, può chiedere di modificare le informazioni fornite dai produttori circa l’efficacia e l’innocuità dei vaccini.
Il benessere animale è anche un target di sostenibilità del sistema agro-alimentare…
Utilizzare un vaccino, avendo cura di valutare quello che meglio risponde alle esigenze dell’allevamento, è una scelta che risponde a una logica di costo-beneficio. È di fatto una scelta di gestione imprenditoriale, che integra la necessità di mantenere livelli produttivi (e quindi profitti) adeguati, con il concetto di welfare, indipendentemente dalle dimensioni dell’allevamento, in un’ottica di sostenibilità, anche economica, del sistema.