Anche se è passato del tempo vale la pena ricordare che nel quasi totale silenzio italiano – poco opportuno quanto inadeguato – si è svolta, a Roma presso la sede FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nation), la 46esima sessione del Codex Alimentarius Commission (CAC46), durante la quale è stato celebrato il 70esimo Anniversario di fondazione del Codex Alimentarius, avvenuta appunto nel 1963.
Il “Codex” è l’ente internazionale di condivisione e regolazione degli standard alimentari, che disciplinano il commercio alimentare mondiale. Intervenuto alla cerimonia di apertura dei lavori della CAC46, Qu Dongyu, Direttore generale della FAO, ha ricordato che sessant’anni fa l’obiettivo era evidenziare il crescente sviluppo dell’importanza di avere standard alimentari internazionali accettati come mezzi di protezione dei consumatori e dei produttori per un’efficace riduzione delle barriere commerciali e che tali obiettivi sono oggi ancora più rilevanti.
Nel frattempo gli originali 30 membri sono diventati 189. Quindi, volendo commercializzare prodotti alimentari in tutto il mondo, si devono implementare e rispettare tutti gli standard previsti dal Codex Alimentarius, che rappresentano il riassunto di documentazioni, discussioni e mediazioni (tecniche, scientifiche e politiche) disponibili nei vari Paesi in merito agli aspetti fisici, chimici e microbiologici e ai rischi connessi alla sicurezza dei prodotti alimentari.
Ovviamente in sede “Codex” si discutono e si fissano le norme internazionali di igiene, etichettatura, controllo, nutrizione, campionamento e analisi in tema di sicurezza alimentare, nei loro significati più ampi.
A questo punto mi chiedo e chiedo ai lettori: un Paese come il nostro, che vanta di essere all’apice dell’export mondiale alimentare, è così opportuno e adeguato che stia a bocca chiusa su un tale anniversario? È anche peggio che partecipi in modo discontinuo? Non è forse un tantino arrogante pensare che i nostri “modi di fare”, tipici e/o tradizionali che siano, vadano bene prima in tutta l’Unione Europea e poi al mondo intero?
Purtroppo, invece, se non si partecipa con continuità laddove si discutono e si decidono le norme alimentari internazionali, anche i lamenti e i pianti diventano inutili. Certo le strutture produttive tricolore sono medio-piccole e non possono partecipare direttamente, delegano la loro rappresentanza alle associazioni professionali, le quali non sempre hanno tempi e mezzi per essere ubiquitarie. Dovendo poi scegliere, tra un viaggetto in aereo per una fiera internazionale e uno in treno per una riunione capitolina, secondo Voi cosa scelgono?
Vincenzo Bozzetti