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Secondo i dati FAO, tra 691 e 783 milioni di persone hanno dovuto affrontare la fame e la sottoalimentazione nel 2022: 122 milioni in più rispetto al 2019. A fronte di una situazione tanto drammatica e del difficile momento storico che stiamo vivendo, ogni anno soltanto in Europa diventano rifiuto circa 88 milioni di tonnellate di alimenti in buone condizioni igienico-sanitarie e perfettamente commestibili.

Gli sprechi si generano lungo l’intera filiera agroalimentare, dal campo alla tavola. Si stima che il 13% del cibo mondiale vada perso nella catena di approvvigionamento, dal periodo successivo al raccolto prima della vendita al dettaglio (FAO, 2022), mentre un ulteriore 17% del cibo viene sprecato nelle famiglie, nei servizi di ristorazione e nella vendita al dettaglio (UNEP, 2021). In occasione della giornata internazionale della Consapevolezza sugli Sprechi e le Perdite Alimentari indetta dalla FAO, l’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari (OTAN) ha organizzato, presso la sala Capitolare del Senato della Repubblica, il convegno “Alimenti oltre la scadenza: garantire la sicurezza – evitare lo spreco”, moderato dal dott. Giorgio Donegani, Portavoce OTAN, a ricordare come proprio lo spreco alimentare costituisca uno dei problemi più rilevanti che ci troviamo ad affrontare.

Una rete solida e coordinata

Professione LocandinaOTAAbbiamo voluto riunire gli attori che, direttamente e indirettamente, partecipano allo sviluppo e all’alta qualità del nostro sistema agroalimentare: aziende, mondo della ricerca, università, enti del terzo settore, rappresentanti dei consumatori, media, professionisti e istituzioni. Convinti che per garantire un accesso al cibo sano, sufficiente, nutriente e sostenibile per tutti, sia necessaria una rete solida e coordinata, capace di riunire in una sola voce i molteplici punti di osservazione e le differenti competenze. Ridurre le perdite e gli sprechi alimentari è un impegno che il Tecnologo Alimentare assume nel momento dell’iscrizione all’ordine, nel rispetto del codice deontologico, per guidare la trasformazione dei sistemi agroalimentari verso un modello sostenibile. Come professionisti, oggi più che mai, siamo chiamati a svolgere un ruolo determinante nel garantire la sicurezza e la sostenibilità dei nostri cibi, a tutela della salute dei consumatori e a sostegno delle aziende alimentari, che hanno l’obbligo di immettere sul mercato prodotti sicuri, con elevati requisiti di qualità, nel segno di quella tradizione e competenza che da sempre fanno del Made in Italy Alimentare un modello di riferimento universalmente riconosciuto. Hanno preso parte all’iniziativa il Ministro del MASAF, on. Francesco Lollobrigida, e la Vicepresidente della Prima Commissione Agricoltura della Camera dei deputati, on. Maria Chiara GADDA, per il ruolo cruciale che le Istituzioni svolgono nel ridefinire le politiche del cibo nell’ottica della sostenibilità sociale, economica e ambientale. Il ministro Lollobrigida ha messo in risalto l’importanza della figura professionale: “I Tecnologi Alimentari sono un elemento fondamentale del mondo produttivo italiano. Il nostro valore aggiunto è dato dalla qualità, una qualità che va certificata. Il nostro obiettivo è continuare a collaborare con tutti gli anelli di quella virtuosa filiera che va dal produttore alle persone e che va garantita e incentivata perché crea ricchezza. Ricchezza, che poi va redistribuita per sostenere chi vive un momento di difficoltà economica e [...] per ridurre lo spreco alimentare dobbiamo coinvolgere l’intera filiera, compresa la distribuzione, nell’investire sulla qualità dei prodotti”. Un riconoscimento importante che mette in risalto l’impegno del TA nel garantire qualità e sicurezza alimentare, valorizzando i prodotti che ogni giorno assicurano il raggiungimento del benessere psico-fisico delle persone. “Nelle mense scolastiche”, ha sottolineato il ministro, “si spreca una grande quantità di cibo, causando non soltanto un danno economico e ambientale, ma, soprattutto, non garantendo al bambino di soddisfare i suoi bisogni nutrizionali. Dove c’è qualità c’è meno spreco, ed è sulla qualità che bisogna investire”. Il tema della sostenibilità è stato declinato nel corso del convegno in chiave di solidarietà e giustizia sociale – tema rimarcato dal ministro Lollobrigida – parlando di “tutela dei deboli”; di qui il ruolo sociale che la figura del tecnologo riveste e che mette in pratica anche attraverso il volontariato di competenze verso gli enti del terzo settore; competenze necessarie a garantire che, nelle fasi di recupero e ridistribuzione delle eccedenze alimentari, sia garantita la sicurezza igienico-sanitaria e, al contempo, siano preservate le proprietà nutrizionali e organolettiche affinché il cibo, oltre a nutrire, appaghi i sensi, indipendentemente dal reddito delle singole persone.

La legge “anti-spreco”

                               Uno strumento per allungare il ciclo di vita dei prodotti alimentari è sicuramente la Legge 166/2016, ha poi sottolineato l’on. Gadda. Una legge che ha avuto il grande pregio di far dialogare profit, no profit e professionisti, mettendo al centro i bisogni della comunità e il valore delle persone, e rappresentando così negli aspetti sociali il vero motore della legge stessa. La Legge cosiddetta “antispreco” ha tracciato un quadro di regole all’interno delle quali costruire le donazioni consentendo un vero e proprio cambiamento culturale. La semplificazione burocratica degli adempimenti insieme a opportune agevolazioni fiscali hanno ridato dignità al cibo che rischiava di divenire rifiuto: le eccedenze che hanno ancora tutte le caratteristiche di qualità e di sicurezza possono essere donate a favore di tutte quelle persone che si trovano a vivere momenti di difficoltà.
Però il cibo non è tutto uguale, è una matrice complessa che va gestita correttamente e con grande professionalità anche nelle fasi di recupero e di ridistribuzione delle eccedenze. Per attuare al meglio la Legge 166, l’on. Gadda evidenzia due aspetti fondamentali: occorre intervenire sulla cultura delle persone e lavorare sui modelli organizzativi. Il 18% dei cittadini europei, per esempio, non comprende appieno la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” e come questa si differenzi dalla data di scadenza. Nelle case dei consumatori, inoltre, la maggior parte degli alimenti finisce direttamente dal frigorifero e/o dalla tavola nel cassonetto dell’immondizia perché conservata in modo non idoneo, perché preparata in quantità eccessive per consumarla prima che deperisca in qualità organolettica, perché si ha difficoltà a leggere e interpretare le etichette o ancora perché si commettono errori nella gestione degli acquisti. Ed è proprio questo l’aspetto più difficile: modificare i comportamenti delle persone e tradurre le informazioni in abitudini corrette. “Un ruolo centrale in questo contesto viene svolto dai media, soprattutto televisione e radio, che si trovano a contrastare”, ha sottolineato il giornalista Federico Ruffo, conduttore del programma “Mi manda rai tre”, “le informazioni che non hanno basi scientifiche, ma che invadono i social, condizionando erroneamente le scelte delle persone”. Informazioni sbagliate, dunque, che poi si traducono in comportamenti scorretti. “Educare a un consumo consapevole è un atto di responsabilità delle istituzioni, dei media, dei professionisti e degli scienziati che devono pianificare azioni mirate a rafforzare la cultura della sicurezza alimentare”, ha ribadito poi il dott. Emilio Germano, Presidente di OTA Molise, “cultura che dà una forza nuova ai professionisti del settore del food e che va rafforzata anche all’interno delle aziende, attraverso la formazione”.

Un corretto modello organizzativo

Altro aspetto importante che richiede le competenze del Tecnologo è indubbiamente l’intervento sul modello organizzativo: organizzare le fasi di ritiro e ridistribuzione non può prescindere dall’attenzione alle economie di scala, considerando che le eccedenze possono generarsi in piccole quantità in territori ampi. Anche il ritiro deve avvenire garantendo il mantenimento della catena del caldo e del freddo, nel rispetto delle modalità di conservazione in ambienti idonei, tutto ciò per evitare che la produzione dei rifiuti si sposti da chi produce, distribuisce e commercializza alimenti a chi gestisce la filiera del dono. Allungare il ciclo di vita dei prodotti è dunque un punto cruciale per il raggiungimento della sostenibilità ambientale, economica e sociale, ma la via del dono non è l’unica percorribile. La Commissione Europea, infatti, ha stimato che più del 10% delle 88 mila tonnellate di cibo che viene sprecato è legato alle modalità scelte dal Food Business Operator (FBO) di indicare la durabilità del suo prodotto in etichettatura (shelf life). Infatti, la normativa Comunitaria e Nazionale affida, nei casi non stabiliti da norme specifiche, alle aziende alimentari l’obbligo di determinare il periodo di durabilità dell’alimento richiedendo di effettuare studi di conservabilità per la sua determinazione e fornire al consumatore le informazioni necessarie. La durabilità di un prodotto è legata sia al singolo alimento che allo stabilimento di produzione ed è influenzata da diversi fattori: la qualità microbiologica delle materie prime, qualità intrinseche dell’alimento, le condizioni di processo il tipo di confezionamento, nonché le condizioni di conservazione.
L’azienda alimentare si trova quindi nelle condizioni di stabilire, sulla base della valutazione del rischio e degli studi di shelf- life quale delle due tipologie di “date marketing” utilizzare, fornendo al consumatore tutte le informazioni per assicurare la food safety. La complessità degli alimenti e dei fenomeni alterativi a cui essi vanno incontro durante la conservazione induce, spesso erroneamente, le aziende alimentari a considerare esclusivamente la data di scadenza come via preferenziale e prudenziale. Di qui il ruolo del professionista, sottolineato nell’intervento del dott. Stefano Zardetto, Presidente OTA Veneto e Trentino-Alto Adige, nell’effettuare uno studio corretto di shelf life apportando enormi benefici nel contrasto allo spreco alimentare, incidendo, quindi, su quel 10% di cibo che potrebbe essere ancora buono ma che viene buttato e, allo stesso tempo, consentendo alle aziende un’ottimizzazione delle risorse davvero significativa. Al termine della giornata, l’auspicio è che grazie al contributo di tutti, questo momento di confronto possa stimolare l’azione sinergica di tutti gli stakeholder per un percorso comune, utile a ridisegnare le politiche del cibo.

di Laura Mongiello
Presidente Consiglio dell’Ordine nazionale dei Tecnologi Alimentari

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