Formaggio molle da tavola a pasta cruda, prodotto esclusivamente con latte di vacca intero, a crosta lavata, con stagionatura minima di 75 giorni. Il nome deriva dalla necessità di “salvare” le eccedenze di latte primaverile, grazie alla capacità contadina, frutto di un’economia del non spreco molto attuale.

Il Salva Cremasco, DOP dal 2011, è un formaggio molle da tavola a pasta cruda, prodotto esclusivamente con latte di vacca intero, a crosta lavata, con stagionatura minima di 75 giorni. La zona di produzione comprende l’intero territorio delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lecco, Lodi e Milano, ovvero aree morfologicamente rilevate della pianura alluvionale. L’uso dei suoli, da un punto di vista agricolo, prevede cerealicoltura, foraggicoltura e colture specializzate intensive. Le elevatissime rese delle produzioni agricole non comportano la necessità di supporti energetici molto consistenti. Le aree coltivate coprono buona parte del territorio della zona delimitata e contengono anche aree strappate alle paludi e bonificate con una capillare rete di drenaggio e di irrigazione sviluppata attraverso i secoli.  

La storia

Il formaggio Salva Cremasco DOP si distingue dagli altri prodotti similari per le specifiche caratteristiche fisiche e organolettiche, come ad esempio la crosta di spessore sottile, liscia a volte fiorita, di consistenza media, con la presenza di microflora caratteristica; il colore bianco della pasta che tende al paglierino con l’aumentare della stagionatura con fenomeni di proteolisi nel sottocrosta e lo specifico sapore aromatico e intenso che assume connotazioni più pronunciate con il trascorrere della stagionatura. Questa avviene in ambienti carichi di muffe contaminanti che fanno parte del corredo microbiologico del prodotto e sono strettamente legate agli ambienti di produzione e stagionatura. Nel disciplinare di produzione si legge che: “È corretto affermare che l’ecosistema che determina le predette caratteristiche non è trasferibile e le muffe ne costituiscono un elemento indispensabile e concorrono a definire le caratteristiche intrinseche del prodotto finito”.
Il Dizionario Etimologico del dialetto Cremasco e delle località cremasche pubblicato da Andrea Bombelli nel 1940 alla voce “salva” definisce tale “strachì da sàlva = stracchino cremasco indurito in seguito a spalmatura d’olio e conservato per l’inverno”. Le origini legate alla paziente, limitata e domestica lavorazione del “furmac soc” sono da ricercarsi nella capacità contadina, frutto di un’economia del “non spreco”. Non a caso l’origine semantica del nome, “Salva Cremasco”, viene attribuita proprio alla funzione del formaggio, cioè alla necessità di “salvare” le eccedenze 
di latte primaverile. Le testimonianze storiche che comprovano la lavorazione del latte, tra Adda e Serio, e la produzione di questo formaggio come una pratica antica sono numerose a partire dopo l’anno mille, quando il locus Cremae divenne castrum, borgo fortificato. Nei resti dell’insediamento di un piccolo villaggio protostorico rinvenuto a Montecchio di Vidolasco, databile intorno al X secolo a.C., sono stati rinvenuti numerosi frammenti di colatoi fittili, recipienti forati a base piatta che testimoniano l’esistenza di un’intensa attività relativa alla trasformazione del latte. A riprova del largo consumo, ci sono caci di diverse forme nei numerosi quadri e negli affreschi del XVII e XVIII secolo, dove sono raffigurate tavole imbandite. Lo studio del Gruppo Antropologico Cremasco - Crema a tavola ieri e oggi (2001) ha evidenziato che nella cena di San Gregorio Magno, ispirata alla leggenda aurea, compare sul desco una piccola formella di Salva Cremasco.  

La tecnologia produttiva

davPer la produzione del Salva Cremasco è utilizzato il latte vaccino intero crudo derivante dalle razze bovine allevate nell’area di interesse, la Frisona italiana e la Bruna Alpina. Secondo il disciplinare di produzione, l’alimentazione delle vacche da latte si basa sull’utilizzazione di alimenti ottenuti per non meno del 50% dalle coltivazioni aziendali o nell’ambito del territorio di produzione del latte per il Salva Cremasco DOP. Almeno il 60% della sostanza secca dei foraggi della razione giornaliera deve provenire da alimenti prodotti nel territorio di produzione del latte. L’alimentazione base delle bovine da latte è costituita da due grandi categorie: foraggi e mangimi.
È ammessa la pastorizzazione del latte che deve avvenire a 71,7°C per 15 secondi o con trattamento equivalente. Il riscaldamento del latte può avvenire con fuoco di legna, gas o vapore. Il caglio utilizzato deve essere esclusivamente caglio bovino liquido. Si utilizza un innesto naturale o selezionato proveniente e ottenuto da ceppi autoctoni prodotti nella zona di origine. 
La coagulazione avviene tra i 32°C e i 40°C, con una durata tra 10 e 20 minuti, in rapporto alle condizioni climatiche e alla materia prima. Si effettuano due rotture della cagliata: la prima, grossolana, è seguita da una sosta di 10/15 minuti in modo che il coagulo, iniziando la fase di spurgo, acquisti maggiore consistenza; con la seconda rottura si ottengono glomeruli caseosi della grandezza di una nocciola. La cagliata non viene riscaldata. Nella fase di coagulazione del latte, in alternativa alle attrezzature in acciaio e/o plastica alimentare, è ammesso l’utilizzo di caldaie in rame. 
L’estrazione della cagliata avviene per trasferimento dalle caldaie negli stampi. È ammessa l’estrazione con teli in fibre naturali o sintetiche e, per la sosta della cagliata, sono ammessi stampi in legno. 
La stufatura può durare da un minimo di 8 ore a un massimo di 16 ore, con una temperatura compresa tra 21°C e 29°C e umidità tra 80% e 90%. La marchiatura identificativa del prodotto avviene durante la stufatura, nel corso di uno dei rivoltamenti, dopo la messa in forma della cagliata e prima della salatura, affinché la relativa impronta risulti evidente anche nel formaggio maturo. La matrice è di materiale plastico a uso alimentare e viene impressa solo su una faccia piana e reca il numero di identificazione del caseificio. 
Al fine di garantire una corretta rintracciabilità e individuazione del prodotto, che riportando la matrice solo su una faccia piana della forma per via della tipologia a pasta molle risulterebbe privo di simboli identificativi nelle singole porzioni, tutte le operazioni di porzionatura di prodotto stagionato devono avvenire esclusivamente in zona di origine, ciò anche al fine di garantirne la qualità. 
La salatura si effettua a secco o in salamoia. 
La stagionatura deve avvenire su assi di legno in ambienti che abbiano un’umidità naturale o controllata dell’80/90% e con una temperatura compresa tra 2°C e 8°C, in rapporto alle condizioni di temperatura esterna. Durante il periodo di stagionatura, che si protrae per un minimo di 75 giorni, la forma viene frequentemente rivoltata. È ammesso il trattamento della forma con un panno imbevuto di soluzione salina o spazzolata a secco, al fine di mantenere le caratteristiche della crosta e ridurre le ife, contribuendo a far assumere alla forma la colorazione caratteristica. Non è ammesso alcun trattamento della crosta, fatte salve le normali spugnature con acqua e sale, l’eventuale uso di olio alimentare, vinacce ed erbe aromatiche. 

Caratteristiche

GFR 3262 OKIl Salva Cremasco DOP si presenta come una forma parallelepipeda quadrangolare con: 
- faccia piana di lato compreso tra 11 e 13 cm o tra 17 o 19 cm; 
- scalzo diritto compreso tra 9 e 15 cm; 
- peso compreso tra 1,3 kg a 5 kg; 
- crosta di spessore sottile, liscia a volte fiorita, di consistenza media con presenza di microflora caratteristica;
- pasta con occhiatura rara distribuita irregolarmente; 
- consistenza tendenzialmente compatta, friabile, più morbida nella parte immediatamente sotto la crosta per effetto della maturazione prettamente centripeta;
- colore bianco tendente al paglierino con l’aumentare della stagionatura;
- sapore della pasta aromatico e intenso con connotazioni più pronunciate con il trascorrere della stagionatura;
- caratteristiche chimiche all’atto dell’immissione al consumo: grasso sulla sostanza secca min. 48%, estratto secco min. 53%, tenore di furosina max 14 mg/100 g proteina.
 

Martina Halker Esperta in tecnologie alimentari e divulgatrice scientifica

 
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