Lo spreco alimentare è una problematica rilevante per un gran numero di Paesi, anche per quelli in via di sviluppo, che provoca conseguenze di tipo economico e ambientale (Filimonau et al., 2020). È stato stimato che la quantità di cibo sprecato nell’Unione Europea risulta essere pari a 90 milioni di tonnellate ogni anno, circa 180 kg a persona (Commissione Europea, 2011). Una categoria importante dello spreco alimentare è rappresentata dai by-products cioè parti di alimenti che non sono idonee al consumo umano e vengono scartate principalmente durante il processo di trasformazione delle materie prime.
Generalmente, la maggior parte di questi scarti viene inviata in discarica o sfruttata per l’alimentazione del bestiame (Masud et al., 2019). Alcuni sottoprodotti sono ricchi di componenti bioattivi e di sostanze che apportano benefici alla salute. Essi, quindi, potrebbero rappresentare una risorsa da sfruttare durante un nuovo processo. Infatti, molti studi presenti in letteratura scientifica sono focalizzati su come concretizzare questa possibilità, sperimentando le numerose applicazioni del riutilizzo dei sottoprodotti alimentari. Alcune ricerche utilizzano i sottoprodotti a scopo farmaceutico (Tlais et al., 2021), altre sono focalizzate sul food. Questi studi hanno l’obiettivo di inserire i by-products in un alimento per migliorarlo nutrizionalmente e, quindi, identificarlo come prodotto fortificato. Ulteriori studi, invece, hanno lo scopo di aumentare la shelf-life dell’alimento, sia attraverso l’aggiunta diretta di sottoprodotti o loro estratti (Ganesh et al., 2022; Majerska et al., 2019), sia con la creazione di film attivi utili in fase di conservazione dell’alimento (Dilucia et al., 2020).
Gli scarti dei prodotti ortofrutticoli
I by-products maggiormente sfruttati sono quelli derivanti da frutta e vegetali perché presentano un elevato contenuto di composti bioattivi, a volte anche superiore rispetto alla parte edule; nel kiwi, per esempio, la maggior parte dei composti fenolici sono maggiormente presenti nella buccia del frutto piuttosto che nella polpa (Wang et al., 2018). Per fare esempi pratici è possibile citare il caso-studio di Shi et al. (2020) in cui è stato provato che i componenti bioattivi presenti nei gambi e nelle foglie dei broccoli aggiunti all’olio di tonno, non solo vengono trasferiti al prodotto aumentandone il contenuto nutrizionale ma lo proteggono anche dall’ossidazione e ne facilitano la sua digestione a livello del tratto gastro-intestinale. Allo stesso modo, Panza et al. (2021) notano che l’aggiunta di polvere di buccia di melograno a bastoncini di merluzzo panati ne comporta un aumento della qualità nutrizionale e della shelf-life di circa tre volte rispetto al prodotto tradizionale. Nello studio di Marinelli et al. (2018), in cui sono stati fortificati degli spaghetti con vinacce di uva rossa, si osserva un contenuto elevato di fenoli e flavonoidi totali e una maggiore attività antiossidante della pasta arricchita rispetto agli spaghetti senza by-products. Questo è un effetto positivo connesso al riutilizzo dei by-products, in particolare per quelli appartenenti alla classe dei prodotti ortofrutticoli. In base a quanto sopra descritto, si può affermare che questo approccio tecnologico potrebbe vantaggiosamente essere utilizzato dalle imprese alimentari per poter ridurre gli scarti generati durante le fasi di trasformazione, riutilizzando gli stessi per la produzione di alimenti funzionali o per prolungarne la shelf-life.
Svantaggi dei by-products
Tuttavia, questa proposta fatica a essere messa in pratica perché presenta anche forti limitazioni. Una delle principali è legata all’aspetto sensoriale: l’aggiunta di sottoprodotti, anche sotto forma di loro estratti, può rilasciare sentori sgradevoli, che quindi compromettono l’accettabilità dell’alimento. Servono opzioni tecnologiche per fronteggiare queste problematiche. Un’ulteriore barriera all’utilizzo dei by-products è rappresentata dal dover garantire la sicurezza alimentare. L’idea di scarto sembra entrare in contrasto con il rispetto delle norme in materia di sicurezza. Adottando la prassi consolidata, si dovrebbe assicurare in ogni caso il rispetto degli standard, anche quando si parla di riutilizzo di uno scarto di lavorazione. Ad oggi non ci sono by-products riconosciuti food grade. È evidente che la loro indisponibilità sul mercato limita fortemente il ri-utilizzo, scoraggiando così gli imprenditori che puntano sull’economia circolare. Si rivela, quindi, necessario un attento studio della legislazione in termini di sicurezza per capire in che modo rendere meno rigidi i regolamenti attualmente vigenti e superare ostacoli che sono solo di natura burocratica. Ulteriore aspetto limitante è quello legato alla psicologia del consumatore. Attualmente, le scelte che portano all’acquisto non si basano solo sulle caratteristiche sensoriali di un alimento. Altri aspetti che le influenzano fortemente sono il costo, il tipo e la provenienza delle materie prime utilizzate. Quindi, il consumatore medio potrebbe valutare scetticamente un prodotto che al suo interno contiene scarti di un altro alimento. In questo senso molto va fatto per educare il consumatore ad acquisti più responsabili e consapevoli dei risvolti ambientali.
Scarto o materia prima?
In conclusione, emerge che, sebbene le ricerche nella letteratura scientifica siano numerose e dimostrino i vantaggi e i benefici derivanti dal riutilizzo degli scarti di lavorazione, la strada che porta alla loro commercializzazione è ancora lunga. Di fatto, si dovrebbe trattare il problema a vari livelli ampliando il tema della cultura alimentare ed educando al valore del cibo. È importante che la tematica dello spreco debba essere ben compresa e affrontata a livello multidisciplinare, dal mondo scientifico, dalle aziende così come dai consumatori per i quali è fondamentale avere il giusto grado di conoscenza dei prodotti alimentari arricchiti con sottoprodotti, in modo che si possa identificare la parola scarto o by-products non come un ingrediente pericoloso o qualitativamente inferiore, ma come una materia prima con delle potenzialità, più sostenibile e che è in grado di apportare benefici per chi lo consuma.