La fermentazione degli alimenti è una tecnica di produzione antica. Si è sviluppata empiricamente, divenendo nel tempo parte essenziale dell’esistenza e della cultura alimentare di intere popolazioni, per poi evolvere nel corso degli anni in tecnologia alimentare consolidata. Oggi gli alimenti fermentati sono parte integrante della dieta di gran parte dei consumatori del mondo occidentale e prodotti come pane, formaggio e vino sono una piacevole consuetudine di consumo per molti di noi.

Chi ha frequentato Milano–EXPO ed è in particolare riuscito a visitare i padiglioni di paesi orientali, avrà però potuto osservare come la fermentazione possa essere uno strumento molto efficace anche in altri settori della trasformazione di prodotti agro-alimentari. Prodotti magari inusuali per noi occidentali perché legati ad antiche tradizioni culturali differenti dalle nostre.

La ricerca di nuove soluzioni per trovare il modo di nutrire un pianeta in continua espansione demografica ha favorito l’opportunità di prendere in considerazione differenti altre materie prime trasformabili. In particolare negli ultimi anni si susseguono le applicazioni sperimentali che prevedono la fermentazione anche di substrati alimentari “insoliti”.  Molte le esperienze nella fermentazione di vegetali e frutta, e dei loro sottoprodotti o scarti di produzione. Anche della filiera di produzione di alimenti di origine animale fornisce spunti e possibilità di recuperi tramite fermentazione. Perfino gli insetti, oggetto di ampio dibattito in ambito novel food, rappresentano substrati idonei alla fermentazione e stanno trovando interesse applicativo.

In pratica qualsiasi “mosto” zuccherino, prodotto con diverse modalità, può essere fermentato scegliendo l’innesto microbico opportuno.

Quali le ipotesi che al momento appaiono più credibili anche dal punto di vista industriale? Di sicuro interesse risultano i tentativi di produzione di nuove bevande fermentate ad elevato valore nutrizionale, il recupero di molecole di interesse industriale (aromi, antimicrobici, composti bioattivi) e la migliore gestione e il recupero dei sottoprodotti e dei reflui.

Non tutti i tentativi e le proposte studiate risulteranno di reale interesse applicativo. Le attuali conoscenze nella gestione dei processi di fermentazioni stanno però aprendo un nuovo mondo di applicazioni potenziali. Mondo i cui confini sembrano molto ampi e non ancora definiti.

La possibilità di selezionare microrganismi specifici e di utilizzarli, singolarmente o in miscela, in ragione del loro specifico potenziale metabolico offre dunque nuove opportunità per la ricerca di nuove soluzioni. In quest’ottica la fermentazione si sta trasformando da tecnica di produzione antica e consolidata a strategia innovativa e sempre più promettente per il futuro.

Erasmo Neviani

Ordinario di Microbiologia Università degli Studi di Parma

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