Già da tempo i produttori di imballaggi primari, in particolare plastici, sono stati sollecitati dai propri clienti, che possiedono certificazioni di sistema come BRC ed IFS, ad adottare sistemi di gestione basati sulle GMP e comprendere quali migrazioni potrebbero realizzarsi con gli alimenti.

Ma solo con il decreto sanzioni D.L. 29/2017 il comparto pare essersi risvegliato verso una nuova consapevolezza. Dopo la diffusione dell’esistenza del Pacific Trash Vortex, i cittadini e i mass media si sono sensibilizzati notevolmente e richiedono velocemente la sostituzione di tale materiale.

PLASTICA MONOUSO

Tant’è che l’UE ha previsto con la Direttiva 2019/904 che entro il 2026 dovranno essere ridotte in modo significativo gli oggetti in plastica monouso elencati nell’allegato, i prodotti di plastica oxo-degradabile e gli attrezzi da pesca contenenti plastica. Ma togliere tale materiale non è affatto facile per vari motivi: dei nuovi materiali non si hanno ancora conoscenze adeguate che ci permettano di comprendere le cessioni nei confronti dell’alimento, i costi rimangono ancora elevati e ciò implica di fatto un aumento del prezzo degli alimenti al consumatore finale, e l’attuale shelf life dei prodotti non è assicurata;

Allo stato attuale il mercato consente di scegliere tra materiali riciclabili, biodegradabili oppure compostabili. Il termine riciclabile significa che un materiale può essere sottoposto a un processo fisiochimico e/o meccanico per essere trasformato in una nuova materia prima o prodotto.

Attualmente è la strada più velocemente percorribile, in quanto è sufficiente selezionare monomateriali per il confezionamento, anche se rimane più difficoltosa la scelta quando abbiamo a che fare con atmosfere protettive.

Sono riciclabili i seguenti polimeri: PET (poliestere), HDPE (polietilene ad alta densità), LDPE (polietilene a bassa densità), PVC (polivinilcloruro), PP (polipropilene) e PS (polistirene).

 

BIOPLASTICHE

Con il termine bioplastiche si racchiudono pertanto tutte le famiglie di materiali plastici originati da biomassa (bio-based), biodegradabili o entrambi. Nel primo caso il materiale proviene interamente o parzialmente da biomassa proveniente da mais, canna da zucchero o cellulosa. Nel secondo caso i microrganismi presenti nell’ambiente trasformano i materiali ed è un procedimento influenzato dalle condizioni ambientali, dal materiale e dall’applicazione.

I polimeri biodegradabili possono derivare da fonti rinnovabili, come appena citato,  o da fonti fossili.

Tra i polimeri biodegradabili prodotti da fonti rinnovabili sono presenti:

- il MaterBi, da polisaccaridi, quali la cellulosa, l’amido di mais. Di natura idrofila non è idoneo al contatto con alimenti umidi, possiede però una buona trasparenza ed è saldabile;

- l’acido polilattico (PLA) ovvero  biopoliestere sintetizzato a partire da monomeri di acido lattico (i monomeri possono essere prodotti da normali processi di fermentazione di carboidrati del mais). È un materiale trasparente, termoformabile, dotato di discreta barriera ai gas e all’acqua. Potrebbe essere impiegato per il contenimento di prodotti lattiero caseari;  

Natureflex, film a base di cellulosa con buona barriera a gas e umidità;

- l’amido termoplastico (TPS); 

- poliesteri di origine microbiologica – poliidrossialcanoato (PHA) tra cui polimeri dell’acido butirrico, valerico ed esanoico (PHBV, PHBH), che potrebbero essere impiegati per l’imballo di piatti pronti e prodotti da forno secchi;

  • esteri di cellulosa e cellulosa rigenerata;
  • legno e altri materiali naturali.

Tra le plastiche biodegradabili da fonti fossili possiamo riscontrare:

  • poliesteri alifatici sintetici – policaprolattone (PCL), polibutilene succinato (PBS); 
  • copolimeri alifatici e aromatici sintetici – polietilen tereftalato/ succinato (PETS);
  • Polivinil-alcol (PVOH) (solubile in acqua).

Diversi produttori impiegano miscele di polimeri biodegradabili che derivano parzialmente da fonti rinnovabili e parzialmente da fonti fossili.

Per prodotti come i biscotti e snack potrebbero essere impiegati scatole di cartone rivestite con PLA o PHB.

Vaschette base amido chiuse con film di cellophane, acetato di cellulosa perforato e PLA  potrebbero essere soluzioni adatte per prodotti ortofrutticoli.

In commercio possono esistere plastiche oxo-degradabili, che vengono prodotte a partire da plastiche convenzionali con l’aggiunta di additivi specifici che, attraverso l’ossidazione, comportano la frammentazione della materia plastica in microframmenti o la decomposizione chimica. Non possono pertanto definirsi biodegradabili.

 

Serena Pironi

Tecnologo alimentare

 

 

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