Tra gli obiettivi fissati dal Green Deal europeo, parte integrante della strategia di “transizione verde” dell’UE per la neutralità climatica entro il 2050, c’è anche quello di ridurre le plastiche degli imballaggi derivanti dall’impiego di fonti fossili. Si punta a orientare il mercato verso packaging riutilizzabili o riciclabili in modo economicamente sostenibile e a definire un quadro normativo per le plastiche biodegradabili e a base ecologica.
La gestione delle plastiche è un problema globale di inquinamento dell’ambiente in larga parte legato alle microplastiche che si disperdono nell’ecosistema, entrano nel ciclo dell’acqua e nella catena dell’alimentazione, con effetti dannosi anche sulla salute umana. In questo scenario la sfida in campo alimentare è volta all’utilizzo di imballaggi che, garantendo un’efficace protezione in termini di conservazione dei prodotti, abbiano un minore impatto ambientale.
In ambito comunitario alla fine del 2022 è stato proposto un nuovo regolamento per sostituire l’attuale direttiva UE sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio, introdotta nel 1994. È invece del marzo 2024 un accordo politico del Consiglio e del Parlamento Europeo per contrastare l’aumento dei rifiuti di imballaggio e armonizzare il mercato interno, mantenendo la maggior parte delle prescrizioni di sostenibilità e gli obiettivi principali proposti dalla Commissione. L’accordo fissa inoltre i parametri per realizzare un’economia circolare atta a ridurre l’impatto ambientale dei settori della trasformazione alimentare, considerando che in Europa i rifiuti delle confezioni nel comparto food costituiscono oltre il 60% del totale dei rifiuti da imballaggio. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere a tappe entro il 2030 e vincolanti entro il 2040 riguardano il totale impiego degli imballaggi riciclabili o riutilizzabili e un apporto alla riduzione degli sprechi alimentari.
Sul mercato sono già disponibili soluzioni che riducono l’utilizzo di plastiche derivanti dal petrolio, sostituendole con il cartone o la carta (che possono essere rivestiti di film antimicrobici idonei al contatto con gli alimenti) oppure con plastiche riciclate. Tuttavia il loro impiego non è così immediato per una serie di questioni che andremo ad analizzare, in particolare per gli alimenti deperibili venduti nel libero servizio, come ad esempio le carni. La scelta di adottare un packaging sostenibile rientra tra gli obiettivi di molte aziende, perché le confezioni di questo tipo migliorano la reputazione del marchio e favoriscono un ritorno economico degli investimenti. Non dimentichiamo a questo proposito che la riduzione dell’utilizzo della plastica è un argomento al centro del dibattito pubblico: sono i consumatori stessi (soprattutto i millennials) a orientare le aziende verso un packaging sostenibile, dichiarandosi disposti a pagare anche di più per le confezioni green. Bisogna però fare attenzione a quelle aziende che dicono e non fanno, che praticano il cosiddetto green-washing. Per evitare di cadere in queste trappole, è importante verificare le certificazioni ambientali e le politiche sostenibili dell’azienda, che possono essere ben rappresentate dalla presenza di un QR Code o di un marchio di certificazione ambientale sulla confezione.
L’esempio delle carni sottovuoto
L’imballaggio svolge un ruolo primario per preservare la qualità degli alimenti venduti a libero servizio e per proteggerli dalla deperibilità. L’evoluzione tecnologica che ha progressivamente interessato il settore del packaging ha favorito la crescita del consumo di prodotti come la carne e i suoi derivati a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, quando ha avuto luogo un’importante rivoluzione in ambito commerciale: l’affermarsi di un modello di vendita basato sui supermercati. Le vendite a scaffale hanno preso avvio dai salumi pre-affettati confezionati in buste plastiche sottovuoto (i primi brevetti del sottovuoto a uso alimentare sono proprio degli anni ’50). Poi l’affermarsi negli anni ’70-’80 della tecnologia con atmosfera modificata – di cui hanno beneficiato soprattutto le carni rosse in porzioni per il consumatore finale – ha contribuito a portare nelle case di tutto il mondo alimenti altrimenti deperibili che potevano essere consumati a distanza di più giorni dall’acquisto.
In questa nuova dinamica, l’imballaggio ha acquisito un’altra importante funzione oltre a quella di proteggere l’alimento: comunicare con i potenziali consumatori per invogliarli alla scelta di questo o quel prodotto anche in base alle specifiche attese di ciascuno di noi. Con la tecnica del sottovuoto, che consiste nell’eliminazione dell’aria e dell’ossigeno dall’imballaggio, si vuole prevenire il deterioramento degli alimenti, l’ossidazione e la proliferazione dei batteri aerobi. Il confezionamento sottovuoto dei salumi affettati, in buste non termoretraibili, ha diversi vantaggi. In primo luogo, estende la durata di conservazione degli alimenti; ne preserva poi il sapore, il profumo, la freschezza e le proprietà organolettiche. Inoltre, può essere utilizzato sia per i cibi cotti che crudi. Infine, incrementa il livello di igiene rispetto ai prodotti affettati a contatto con l’aria, sempre che venga mantenuto il rigoroso rispetto della catena del freddo. Tuttavia il confezionamento sottovuoto (a parte lo skin che si usa ancora per prodotti di qualità premium o il pesce) per i salumi e i formaggi affettati è stato abbandonato – soprattutto nel nostro paese – a favore del confezionamento in atmosfera modificata (MAP).
L’impiego di tale tecnologia risponde meglio alle esigenze di conservazione e risolve taluni aspetti critici del confezionamento sottovuoto:
1. elimina lo schiacciamento della confezione dovuto alla pressione esterna esercitata per eliminare l’aria e la conseguente “incollatura” delle fette tra loro, rendendo difficile separarle senza romperle;
2. migliora le caratteristiche batteriostatiche del prodotto all’interno della confezione grazie all’azione della CO2 e quindi aumenta la shelf life. Nei salumi da affettare le miscele di gas sono abitualmente composte da CO2 al 20/30% e N2 all’80/70% (dove l’azoto si comporta come gas inerte, ma impedisce lo schiacciamento della confezione);
3. permette ai tagli di carne rossa fresca di mantenere il colore rosso vivo, per una migliore presentazione. Miscele con l’80% di O2 e il 20% di CO2 associate a temperature di conservazione dell’ordine di 4°C possono conservare la carne fresca fino a 7-10 giorni e mantenerne intatto il colore.
Tuttavia occorre osservare che anche il confezionamento in atmosfera modificata non è esente da difetti. La miscela di gas deve avvolgere completamente il prodotto per esercitare la sua azione protettiva e non ci devono essere parti in cui il film superiore sigillante stia a contatto con il prodotto, perché in quel punto la carne assumerà un colore più scuro. Ne consegue che per evitare un aspetto poco attraente le vaschette devono avere uno spazio di testa più elevato, e quindi gli imballaggi risultano molto più ingombranti. Nei prodotti trasformati a base di carne, la formulazione è un fattore chiave per la shelf life, a seconda degli ingredienti e dei metodi di conservazione utilizzati (ad esempio, salatura, affumicatura, cottura ecc.). Anche la temperatura di stoccaggio (e di trasporto), influisce direttamente sul tasso di decomposizione, sulla crescita microbica e sullo sgocciolamento. Il packaging deve fare la sua parte e sebbene l’ambiente gassoso intorno alla carne, associato alle confezioni sottovuoto e a quelle MAP, è utile per controllare la crescita microbiologica e le reazioni chimiche, i materiali devono essere studiati appositamente allo scopo, impiegando polimeri con proprietà di protezione dalla luce e anti-UV (per l’azione delle lampade che illuminano i banchi frigoriferi) e dalla formazione di condense (proprietà anti fog). Una corretta progettazione dell’imballaggio, associata a buone pratiche di produzione e a un adeguato stoccaggio, è fondamentale per offrire ai consumatori un prodotto di alta qualità e sicuro.
Il packaging finora
Gli imballaggi nel corso di questi ultimi settant’anni si sono fatti via via più tecnologici. La protezione della deperibilità non si focalizza solo nel controllare e limitare la crescita microbiologica durante la vita a scaffale: nel caso delle carni rosse e dei salumi si è dovuto tenere conto di altri fattori di deterioramento dell’alimento, frutto di un’equazione complessa intrinseca al prodotto stesso. Durante la conservazione, queste specialità si deteriorano a causa dell’ossidazione dei pigmenti (provocati dalla luce o dalla presenza/assenza di ossigeno), dell’ossidazione e dell’irrancidimento, della crescita microbica (i microrganismi intervengono a loro volta nell’accelerare i processi deterioranti in presenza di essudato, modifica delle condizioni ambientali come il pH e rilascio di enzimi) e persino della disidratazione superficiale. Una corretta progettazione del packaging può certamente contribuire al controllo microbico e, se associata a condizioni di conservazione adeguate, può preservare i prodotti deperibili per molto più tempo rispetto a quelli non confezionati, diventando un elemento chiave per ridurre gli sprechi alimentari. Diversi tipi di materiali sono state abbondantemente utilizzate nelle strutture di imballaggio, tra cui il polietilene (PE), il polipropilene (PP), il polietilene tereftalato (PET), l’alcool etilenvinilico (EVOH), le poliammidi (PA) e il PVDC, oltre a diversi copolimeri all’interno di tali famiglie di polimeri. Questi materiali proteggono adeguatamente gli alimenti perché sono in grado di garantire la sigillatura e una corretta ermeticità, offrono una barriera all’ambiente interno proteggendo adeguatamente gli alimenti, resistono all’abuso dovuto all’impatto meccanico.
La tecnologia skin è solo l’ultima evoluzione del sottovuoto introdotta per i prodotti a base di carne di qualità premium come costate e hamburger. Negli alimenti di alta qualità come carne (compresi hamburger e tagli con osso), salsicce, affettati stagionati e prodotti avicoli, pesce e frutti di mare, formaggi a pasta dura, le necessità di confezionamento sono molteplici: le confezioni skin sono perfette per impedire la fuoriuscita di liquidi o il formarsi di essudato e garantire la protezione da fattori esterni. La pellicola superiore, saldata su una base rigida termoformata o preformata, scaldata a determinate temperature, avvolge saldamente il prodotto come una seconda pelle (“skin” in inglese), senza tensioni. I prodotti confezionati in skin si possono esporre nel punto vendita in posizione orizzontale, verticale o appesi senza che l’alimento si sposti. Nel confezionamento in MAP le strutture che compongono il packaging sono state progettate fino ad oggi prevalentemente in plastica, costituita da una vaschetta rigida alla base, termoformata a partire da un laminato di spessore adeguato o preformata, e un film superiore flessibile che si sigilla lungo i bordi, dopo che è stata tolta l’aria e sostituita con la miscela di gas. Perché il condizionamento con il gas sia efficace è richiesto uno spazio di testa più elevato in funzione del volume occupato dal prodotto. I materiali plastici che costituiscono i film inferiori e superiori sono strutture complesse, che combinano tra loro materiali di diversa natura o con la tecnica della laminazione (la sovrapposizione di più strati mediante adesivi) o con quella più efficace della coestrusione (un procedimento in cui singoli materiali plastici estrusi vengono convogliati insieme nello stesso stampo per produrre una struttura laminare unica prima del raffreddamento). Quest’ultima può inglobare in un’unica matrice anche 7-8 o più elementi di materiali diversi in grado di fornire tutte le caratteristiche necessarie all’imballaggio (proprietà barriera, di permeabilità ai gas, azione anti UV e anti fog ecc.). Si tratta di elementi fondamentali per massimizzare l’estensione della vita utile dei prodotti, fornendo anche un corretto fine vita per il riciclaggio, il riutilizzo o lo smaltimento. Tuttavia in un mondo alle prese con un problema legato all’inquinamento (perché nel mondo, meno del 30% della plastica viene raccolta per essere riciclata), utilizzare un imballaggio sviluppato e realizzato in modo tale da ridurre l’impatto ambientale e l’impronta ecologica è diventato una questione prioritaria di salvaguardia del pianeta.
Le nuove tendenze packaging per la sostenibilità
La sostenibilità negli imballaggi alimentari ha guidato le discussioni negli ultimi anni nell’industria della carne, della salumeria e di tutti gli alimenti deperibili in genere. I consumatori vogliono essere in sintonia con ciò che acquistano e iniziano a considerare anche l’impatto che le loro scelte hanno sull’ambiente.
Ecco perché i produttori di imballaggi stanno cercando di aumentare la resilienza e di trovare nuove soluzioni innovative. Gli sforzi sono rivolti alla riduzione delle plastiche, ma anche a ottenere pellicole durevoli ad alta barriera che prolungano la durata di conservazione e mantengono il cibo sicuro, consentendo minori sprechi alimentari. La quantità di materiale utilizzato viene ridotta mantenendo le performance di protezione al massimo livello e si punta a sviluppare strutture con proprietà riciclabili, biodegradabili o compostabili. Per decenni gli imballaggi sono stati progettati in plastica perché i costi di produzione dei laminati erano bassi, essendo la plastica derivata dal petrolio e adatta per garantire prestazioni più elevate, specialmente nella carne: quindi cercare di eguagliare tali prestazioni utilizzando materiali sostenibili può essere difficile.
Ci si sta orientando verso i vassoi in PP riciclabili che sono più sostenibili rispetto a quelli in polistirene della carne fresca e in PET per gli affettati. Inoltre nel settore della carne e dei deperibili c’è un aumento di interesse per gli imballaggi in cartone riciclabile e in carta più flessibile, dato che il ciclo di produzione della carta deriva completamente da una gestione sostenibile delle foreste. Si ripianta più di quello che si preleva (certificazione FSC e PEFC) e si riusa ampiamente il materiale riciclato: entrambe sono forme virtuose di economia circolare. Il cartone non elimina completamente la necessità della plastica che protegge il cibo dal deterioramento, ne riduce però sensibilmente la quantità. In effetti è sufficiente stendere sul cartone un sottile laminato di plastica a contatto con gli alimenti per avere una barriera all’ossigeno e permettere la saldatura di un laminato superiore. E una volta aperta la confezione, la pellicola plastica può essere facilmente staccata dal cartone o dalla carta, favorendo il riciclo di questi materiali. Il cartone può anche venire fustellato e piegato in un vassoio, per essere utilizzato su una termoformatrice e sigillatrice in atmosfera modificata o in skin. Anche un vassoio di carta rigida che contiene la forma è esterno ai materiali protettivi della confezione in plastica formati all’interno, ma contribuisce a ridurre notevolmente il peso della confezione. Il cartone o cartoncino politenato utilizzato come base è un materiale sottile e resistente che riesce a mantenere al meglio la freschezza degli alimenti. Inoltre, consente di ridurre il volume dei rifiuti, poiché è più leggero rispetto alla plastica; può essere interamente stampato per riportare maggiori informazioni rispetto a un’etichetta, anche riguardo la certificazione dei materiali con simboli e QR Code che può essere ripreso con lo smartphone per conoscere le origini e le certificazioni di prodotto.
La tendenza attuale di utilizzare vassoi di carta o cartone al posto della plastica è una scelta ecologica e sostenibile. Questi supporti sono biodegradabili e possono essere riciclati, il che li rende una scelta migliore per l’ambiente rispetto alla plastica. Inoltre i vassoi in cartone politenato rigidi si prestano per essere utilizzati sia con lo skin che con l’atmosfera modificata, usando confezionatrici polifunzionali in grado di fare l’uno e l’altro prodotto.
Conclusioni
I consumatori oggi, in particolare i millennials, sono sempre più preoccupati di limitare il loro impatto negativo sull’ambiente. Per questo sostengono di più le aziende che sono in grado di fornire delle soluzioni di packaging “green”. Sebbene dell’imballaggio alimentare non se ne può fare a meno, in particolare per prodotti altamente deperibili, l’utilizzo di materiali più sostenibili come la carta può offrire ai produttori di carne e salumi, formaggio e pesce, un concreto ritorno di immagine. In primo luogo, mostra ai consumatori che l’azienda è interessata a preservare l’ambiente, il che può aumentare la fedeltà dei clienti e valorizzare la marca. Inoltre, l’utilizzo di materiali sostenibili può contribuire a migliorare l’efficienza della produzione, riducendo al contempo i costi. Del resto, anche se gli imballaggi in plastica incidono meno sul costo del confezionamento rispetto ai materiali alternativi, l’attenzione dei consumatori è ormai orientata verso packaging più sostenibili. La plastica è oggi ancora necessaria a contatto con l’alimento, ma se ne impiega molto di meno, quanto basta per creare una sottile lamina. Inoltre il cartoncino può essere presentato con stampe e varietà di colori per veicolare il marchio e i messaggi dell’azienda secondo le tendenze più sofisticate del design grafico. Il Consorzio del Prosciutto di Parma, tra gli altri, ha già segnalato l’intenzione di effettuare la transizione del packaging degli affettati, passando dalla plastica a questi materiali più sostenibili.
La comunicazione è essenziale per veicolare il messaggio sull’importanza di utilizzare un packaging alimentare a basso impatto ambientale per i prodotti di carne rossa e salumi. E i cartoni sono ideali per presentare le ultime tecnologie digitali che facilitano l’interazione con i consumatori. Queste tecnologie includono i QR Code, l’interazione tramite la realtà aumentata e i tag RFID. Il design dei cartoni è un plus anche per la valorizzazione del marchio, soprattutto se si tratta di prodotti di qualità premium. Il suo impiego è in continua evoluzione ed è la scelta sostenibile del presente e del futuro.
Giuseppe Pastori Tecnologo e consulente alimentare
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