Se ne parla poco, o almeno non abbastanza, ma esistono oggi dei validi sistemi per trasformare la CO₂ in alimenti commenstibili . A ricordarcelo è un approfondimento di Sigep Vision, l’osservatorio globale dell'industria Out-of-Home che fornisce trend e dati sul settore che ha preso in esame il rapporto tra il cambiamento climatico e la filiera alimentare.
In questo caso il focus è stato su gruppo di innovazioni che si focalizzano sul riutilizzo delle emissioni, in particolare della CO₂ catturata dall’atmosfera, per creare ingredienti. Tra gli esempi più interessanti, l’analisi ne riporta in particolare tre che cercano di replicare processi che avvengono già naturalmente in natura.
Il primo riguarda le alghe, indicate come la soluzione più semplice, che non sempre significa anche la più gustosa. Sigep Vision ricorda come molti organismi “mangino” il carbonio per crescere. Le alghe ne sono l’esempio più evidente: vengono considerate un vero e proprio serbatoio naturale di carbonio che si sviluppa catturando CO₂ dall’ambiente per nutrirsi, rilasciando al contempo ossigeno nell’atmosfera.
Coltivare alghe all’aria aperta, come avviene per la produzione della spirulina, è relativamente semplice, ma espone gli ingredienti ai contaminanti presenti nell’aria e nell’acqua circostanti. La soluzione in questo caso consiste nella creazione di un ambiente controllato. A questo proposito l’analisi cita il progetto "Taste of Tomorrow" presentato a Sigep, dove la luce solare viene utilizzata per coltivare alghe in un ambiente protetto. Un’idea innovativa per dimostrare come sia possibile produrre un ingrediente – in questo caso, usato per realizzare gelato – con risorse limitate. Come accennato all’inizio, resta la questione del gusto: sebbene molte microalghe siano considerate superfood, il loro sapore non sempre incontra il favore dei consumatori.
Un secondo esempio riguarda la creazione di una fonte di proteine a partire da CO₂. Questo approccio punta sull’idea, a prima vista semplice ma in realtà molto complessa da realizzare, di trovare in natura un batterio che, attraverso fermentazione, possa nutrirsi di carbonio catturato e di alcuni nutrienti aggiunti per generare una fonte di proteine grezze. Il processo è energivoro e costoso, ma alcune startup ben finanziate stanno lavorando alla sua applicazione. Tra queste, viene citata la finlandese Solar Foods il cui prodotto proteico, considerato un nuovo ingrediente alimentare in Europa, è già approvato per la commercializzazione negli Stati Uniti e a Singapore. In collaborazione con Fazer e Ajinomoto, l’azienda ha già lanciato prodotti dolciari per testare l’accettazione dei consumatori.
La terza case history riguarda la creazione di latticini da CO₂. Come è evidente siamo in un ambito ancora più ambizioso, quello di utilizzare la ingegnerizzazione genetica dei microrganismi per modificare le proteine che producono attraverso la fermentazione. Si tratta di un progetto futuristico attualmente in fase di sviluppo in Europa, con forti finanziamenti da parte della Commissione Europea.
La cosa comune di tutti gli esempi citati è l’utilizzo di una fonte di carbonio catturato. Cambiano i sistemi: potrebbe essere aspirato direttamente dall’atmosfera con grandi ventilatori inversi, oppure catturato in prossimità di impianti industriali difficili da decarbonizzare (come quelli per la produzione di cemento). Sigep Vision conclude la sua analisi evidenziando che restano numerose sfide, in particolare per quanto riguarda costi e scalabilità. Servirebbero investimenti industriali enormi e un’energia pulita illimitata per sostenere questi processi. Tuttavia, l’introduzione di una tassa sul carbonio per tutti i beni di consumo, in particolare per i prodotti alimentari, potrebbe dare una spinta a queste fonti proteiche alternative. Essendo carbon negative, infatti, potrebbero beneficiare di incentivi economici, ricevendo finanziamenti per ogni grammo di CO₂ rimosso dall’atmosfera.