Il piano europeo per il raggiungimento della neutralità climatica ha dato inequivocabilmente l’indirizzo della strategia economica europea, con una serie di misure specifiche per la transizione verso pratiche sostenibili in vari settori, tra cui energia, trasporti, agricoltura ed edilizia, nel rispetto degli impegni di sostenibilità climatica presi.
Con l’avvento della pandemia e la successiva crisi sanitaria ha visto la luce Next generation EU, uno strumento temporaneo di ripresa e rilancio economico per i paesi dell’Unione: più di 800 miliardi del bilancio del periodo 2021-2027 per finanziare anche i Piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR) su 4 linee di sviluppo: la transizione ecologica, la transizione digitale, la stabilità macroeconomica e l’equità. Un’impresa di trasformazione che ha richiesto un cospicuo impegno per un totale di circa 1 trilione di euro (1000 miliardi) e una serie di strumenti monetari, ciascuno adattato a sfide e obiettivi specifici.
Gli ambiti di investimento e intervento riguardano tutti i settori industriali. Per quello agroalimentare, il Green Deal europeo pone una forte enfasi sulla ricerca e sull’innovazione per rendere le filiere più sostenibili, concentrandosi su tre aree chiave: quella della circolarità ed efficienza delle risorse (per ridurre gli sprechi alimentari, utilizzare biomasse e rifiuti, ottimizzare il consumo di acqua ed energia e promuovere le filiere alimentari locali); l’area dell’agricoltura e della silvicoltura sostenibili, con il miglioramento delle pratiche agricole e la salvaguardia del suolo e, infine, l’area dello sviluppo di prodotti alimentari più sani.
Horizon 2020
Sostenendo soluzioni innovative e promuovendo la collaborazione tra i settori, l’UE vuole un’industria alimentare rispettosa dell’ambiente, socialmente equa ed economicamente sostenibile con un supporto finanziario che permetta, anche agli investimenti privati in ricerca e sviluppo, di raggiungere livelli socialmente ottimali. Uno dei più grandi programmi di finanziamento di questo tipo è fornito dalla Commissione Europea (CE) nell’ambito dei suoi programmi quadro (PQ) per la ricerca e lo sviluppo rurale (RST). Dalla valutazione e dal monitoraggio di Horizon 2020 – il programma di finanziamento della ricerca e dell’innovazione dell’UE per il periodo 2014-2020, con un bilancio di quasi 80 miliardi di euro – e da un documento di ricerca sul 7º programma quadro, elaborato dal Joint Research Center si è visto quanto questi interventi si siano rivelati efficaci in termini di impatto sulla ricerca e l’innovazione: 84% degli investimenti destinato agli obiettivi di sviluppo sostenibile, il 30% ai cambiamenti climatici, con il 19% di aumento stimato della produttività del lavoro nelle imprese finanziate grazie al programma (Orientations towards the first Strategic Plan for Horizon Europe. https://research-and-innovation.ec.europa.eu/system/files/2019-12/ec_rtd_orientations-he-strategic-plan_122019.pdf).
Horizon Europe
Chiuso Horizon 2020, l’impegno si è rinnovato col nuovo Horizon Europe che ha stanziato per sei anni, dal 2021 al 2027, più di 90 miliardi di euro in ricerca e innovazione – tra cui 5,4 miliardi dal programma Next Generation EU – per la ripresa dalla crisi da Covid-19. Iniziative specifiche riguardano e riguarderanno:
- agricoltura di precisione: sviluppo di tecnologie innovative per ottimizzare la gestione delle colture, ridurre l’uso di pesticidi e fertilizzanti e migliorare la salute del suolo;
- acquacoltura sostenibile: migliorare le pratiche di acquacoltura per ridurre al minimo l’impatto ambientale e aumentare l’efficienza produttiva;
- alimenti funzionali: sviluppo di prodotti alimentari con profili nutrizionali migliorati per soddisfare esigenze sanitarie specifiche e promuovere diete sane;
- proteine alternative: esplorare nuove fonti proteiche, come insetti, alghe e carne coltivata, per ridurre la dipendenza dalle proteine di origine animale;
- riduzione dello spreco alimentare: sviluppo di tecnologie e pratiche per prevenire lo spreco alimentare lungo tutta la catena di approvvigionamento alimentare, dalla fattoria alla tavola.
Uno strumento che si è rivelato fruttuoso sono i Partenariati che la Commissione Europea promuove per la collaborazione e l’innovazione in diversi settori. I partenariati riuniscono la Commissione e partner pubblici e/o privati per affrontare alcuni dei temi più urgenti attraverso iniziative concertate, riducendo la frammentazione delle attività di ricerca e innovazione. Quelli del nuovo Horizon sono tutti a sostegno di obiettivi strategici. Nell’ambito del cluster 6 di Horizon Europe (alimentazione, bioeconomia, risorse naturali, agricoltura e ambiente) un partenariato coordinerà gli sforzi di R&I europei e nazionali per favorire un approccio sistemico e transdisciplinare alla strategia Farm to Fork. Il partenariato fornirà le prove scientifiche, nonché l’esperienza collaborativa tra professionisti e cittadini, per sostenere la trasformazione dei sistemi alimentari locali, nazionali, europei e globali. Un esempio di Partenariato nell’agrifood è quello che riguarda la Fondazione ONFOODS, uno dei partenariati del PNRR, nell’ambito del programma Next generation EU, per i fondi previsti per i progetti green e digital. Prevede un finanziamento agli enti aderenti pari a 114,5 milioni di euro destinati ad attività progettuali di ricerca fondamentale, ricerca industriale e di sviluppo sperimentale, “per portare valore alla filiera alimentare e alla comunità”, secondo un comunicato dell’Università di Parma, ente capofila e proponente della progettualità.
Fondi per la sostenibilità e la digitalizzazione
Questa è quindi la filosofia alla base del rilancio e del sostegno da parte delle Istituzioni al tessuto economico dell’Unione e dei Paesi Membri attraverso le attività di finanziamento. Non si riesce a essere qui esaustivi su ognuna delle azioni del piano europeo, ma ognuna delle iniziative ha infatti a sua volta uno sviluppo dettagliato che si traduce in un quadro di agevolazioni di non facile accesso per le aziende, soprattutto per le PMI che sono la gran parte del panorama agroalimentare italiano.
“I fondi verranno incanalati nei prossimi anni seguendo due grandi filoni: quello della sostenibilità e quello della digitalizzazione e avremo a disposizione un’offerta ampia”, spiega Diego Bosco, CEO del Consorzio Italbiotec, organizzazione no-profit nel settore delle biotecnologie con cui abbiamo approfondito il tema cruciale di come sia possibile per le PMI accedere a queste opportunità (vedi intervista). Risulta difficile, per le imprese, capire il funzionamento di un bando, così come gestire tutte le fasi dall’applicazione alla rendicontazione. Gli investimenti si devono tradurre in occasioni di crescita per le aziende, ma un punto nevralgico sembra essere quello delle competenze.
“Colmare il gap che le PMI hanno in termini di conoscenze di tecnologie e soluzioni innovative è uno degli obiettivi impliciti che l’Europa vuole realizzare con i suoi programmi di finanziamenti”, spiega Nicola Colonna, primo ricercatore presso l’ENEA, Agenzia Nazionale per le Nuove tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo economico sostenibile. “Sono finanziati sia progetti di ricerca tecnologica finalizzata all’innovazione, sia progetti di trasferimento e diffusione di tecnologie già esistenti e note ma poco diffuse, che è bene che le aziende possano applicare in un’ottica di innovazione del sistema”.
Le ragioni della “difficoltà di accesso” ai bandi di finanziamento riguardano non solo gli aspetti burocratici di sottoscrizione o di rendicontazione, ma anche certe condizioni strutturali delle imprese nazionali. “Le aziende alimentari per lo più PMI non hanno competenze e personale da dedicare a questo tipo di approcci. Hanno però bisogno di rafforzare le loro abilità. E questo può avvenire attraverso una serie di azioni di trasferimento tecnologico e di conoscenze da parte di soggetti con competenze specifiche”.
Rispondono bene a questo scopo i progetti Interreg, strumenti chiave dell’Unione Europea a sostegno della cooperazione transfrontaliera. Attraverso il finanziamento mirano ad affrontare congiuntamente le sfide comuni; a trovare soluzioni condivise in settori quali la salute, l’ambiente, la ricerca, l’istruzione, i trasporti e l’energia sostenibile; allineano i Paesi nella diffusione delle soluzioni, favorendo la collaborazione fra soggetti diversi ma complementari. Colonna, nel ricordare il coordinamento di ENEA di alcuni progetti Interreg rivolti in particolare alle PMI, tra cui PEFMED e SINERGIA (vedi box), ha ricordato che “possono vedere il coinvolgimento di un ente di ricerca, di un secondo ente che si applichi nella parte di trasferimento dei risultati e infine di associazioni di categoria, che interpretano i bisogni delle aziende e li veicolano”. E le aziende? C’è spazio anche per loro. Dice Colonna: “Possono essere stakeholder privilegiati tramite manifestazioni di interesse pubbliche alle quali le stesse si candidano, per ospitare, per esempio, una parte delle azioni pilota del progetto specifico”.
È importante che in questo momento storico le aziende comprendano quanto investire nell’acquisizione di nuove competenze, siano esse provenienti da investimento sostenuti da bandi o dalla partecipazione a progetti di ampio respiro, determini una crescita per il business e un’opportunità che può tradursi in un vantaggio strategico e competitivo nel mercato di riferimento nazionale ed estero.
Francesca De Vecchi
Tecnologa alimentare