Negli Anni 40 e 50 del secolo scorso l’alimentazione – in generale – badava prima a riempire le pance vuote e, solo in un secondo tempo, alle parole. Negli Anni 60 e 70 con la disponibilità delle forniture alimentari assicurate, si iniziò a parlare e discutere in merito alla qualità degli alimenti.
Negli Anni 80 e 90 le parole sulla sicurezza alimentare e le certificazioni divennero il “ritornello” quotidiano per operatori e consumatori. Negli Anni 2000, con la pancia decisamente piena, gli alimenti divennero portatori di significati culturali, quindi, oltre che a nutrire, divennero simboli della qualità della vita.
Nel ventennio successivo, le varie diete alimentari, i differenti stili di vita, le evoluzioni dei pasti fuori casa, i percorsi culturali dei consumatori contribuirono in varia misura a creare quel complesso e articolato mosaico della domanda alimentare odierna, nella quale il produttore di alimenti deve ineluttabilmente cercare la sua giusta dimensione e il corretto posizionamento per le sue produzioni da offrire al mercato.
In altre parole, mentre prima bastava offrire al mercato un alimento per trovare l’acquirente, oggi è necessario produrre l’alimento per una determinata fascia di consumatori e comunicarlo idoneamente. Ma come?
Qui comincia l’intrigante metamorfosi del cibo che diventa parola, ovvero della parola che diventa cibo. Pensiamo per un attimo alle diverse situazioni: per esempio, laddove l’alimentazione significa solo nutrizione fisiologica; in alternativa allorquando con l’alimentazione entra in scena la valutazione e la narrazione soggettiva; diversamente quando descrizione e racconto utilizzano una terminologia oggettiva.
Del tutto differente quando invece la narrazione diventa retorica, enfatica o fantasiosa e orientata alla palese persuasione! Indubbiamente un contesto trasversale, fluido, promiscuo, che attraversa diverse azioni come il mangiare, il giudicare, il raccontare, il descrivere, il narrare, l’affabulare e anche il modaiolo “food storytelling”, talvolta reale, talaltra emotivo e fantasioso.
E tu lettore quale preferisci?
Vincenzo Bozzetti