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Un fiore all’occhiello del nostro Paese, un simbolo del Made in Italy in tutto il mondo. Ma non solo. Quello della pasta o, meglio, delle paste, è un mercato di fondamentale importanza per l’economia nazionale, con un valore che supera i 6 miliardi di euro, oltre cento operatori e un leader mondiale come Barilla.

 Per conoscere più nel dettaglio le caratteristiche di questo settore è importante delinearne i confini e approfondire i tre grandi segmenti di cui si compone. L’analisi di Cerved si è concentrata sulle paste alimentari (ripiene e non), senza prendere in considerazione l'attività di produzione di primi piatti pronti, refrigerati e surgelati.
Il modo più efficace di segmentare il comparto è di farlo sulla base delle caratteristiche organolettiche dei prodotti, ossia suddividendo tra pasta secca, fresca e surgelata, che a loro volta possono essere ulteriormente suddivise come segue:
- pasta secca: di semola, all’uovo, ripiena;
- pasta fresca: ripiena, non ripiena di semola, non ripiena all’uovo, gnocchi freschi;
- pasta surgelata: ripiena, non ripiena di semola, non ripiena all’uovo, gnocchi surgelati.
La secca ha un peso predominante, con una quota complessiva in volume superiore all’83%, segue la pasta fresca con il 13%, la surgelata con il 3,5%, e il resto appannaggio della ripiena secca.

Il mercato

Il report Cerved di aprile 2023 segnala un fatturato complessivo che nel 2022 fa un grosso balzo in avanti, un + 24,6% che porta la cifra totale a 6.391,9 milioni di euro. La crescita, come è facile immaginare, è legata principalmente all’incremento dei prezzi medi, causato a sua volta dal significativo aumento del costo delle materie prime. Se guardiamo ai volumi, la crescita in termini reali è comunque positiva, +3,7%. A trainare il settore sono soprattutto le vendite estere (30,6% a valore, +6,2% in termini reali), mentre il mercato interno aumenta del 17,5% a fronte di una sostanziale stabilità in volume. I mercati esteri sono uno sbocco molto importante per i produttori di pasta secca; lo sono meno per la pasta fresca e surgelata.
Se a valore la crescita tocca tutte le varietà di pasta (anche se in modo molto marcato per la pasta secca), a livello di vendite le cose sono un po’ diverse per le differenti tipologie, c’è stata una lieve flessione per la pasta secca e la pasta fresca, un calo per la secca ripiena, mentre è in notevole espansione la pasta surgelata, trainata dalla forte ripresa del fuori casa dopo il biennio di chiusure causa pandemia.
Guardando in avanti, Cerved stima per il 2023 una lieve crescita in termini reali, (+1,2% della produzione), ma un calo a valore (-2,2%) determinato dalla prevista flessione dei prezzi medi. Per le aziende pastarie è possibile immaginare un ritocco verso il basso dei prezzi di vendita, reso possibile dalla riduzione delle quotazioni del grano e dalla normalizzazione del prezzo dell’energia.

pasat dentro shutterstock 1807451677Passando ai numeri più significativi, nel 2022 c’è stata una crescita della pasta secca del 22,1% a valore a fronte di un calo dello 0,6% in termini reali. È il segmento in cui i prezzi medi sono aumentati di più, data la forte incidenza del costo delle materie prime nella struttura dei costi. La pasta fresca è cresciuta del 4,4% a fronte di un calo dei consumi reali di un punto percentuale. A livello di prodotti solo gli gnocchi hanno un andamento positivo mentre la pasta ripiena, che è il segmento di maggiori dimensioni, flette di circa tre punti in quantità, a fronte di una crescita in valore del 5%. Come prevedibile il 2022 segna un forte incremento della pasta surgelata, che riprende dopo il forte calo legato alle chiusure delle attività di ristorazione durante la pandemia. Parliamo di una crescita del 38,8% in valore, e del 28% in termini reali.
Infine la pasta secca fa segnare un +3% in valore, legato esclusivamente all’inflazione, e un calo in volume di oltre 4 punti.
Volendo delineare una tendenza generale, a crescere sono i prodotti di primo prezzo (sostenuti dal prolungarsi della situazione di congiuntura economica negativa, che spingono i consumatori a ricercare prodotti basici con il migliore rapporto prezzo/qualità), ma mostrano un buon andamento anche i prodotti premium, trainati dalla crescente attenzione al benessere e alla salute. Si inserisce in questo filone anche il buon risultato dei prodotti realizzati con solo grano italiano. Questo crea una situazione particolare, ossia un mercato molto polarizzato, dove da una parte ci sono prodotti a basso prezzo e dall’altra proposte premium.

Produttori & materie prime

In Italia operano circa 120-130 pastifici, perlopiù specializzati in un solo segmento di mercato, anche se ci sono alcune aziende (tra le 10 e le 20) che presidiano sia la pasta fresca che quella secca. Ci sono stabilimenti in tutta Italia, anche se con una prevalenza nell’Italia meridionale, soprattutto vicino alle zone di produzione del grano duro. Ci sono alcuni distretti produttivi, in particolare uno a Gragnano per la pasta secca di semola, un altro nel Barese per la pasta secca e fresca di semola e infine uno in Veneto per la pasta fresca all’uovo.
pasat dentro 2shutterstock 1807451707I tre comparti di pasta hanno profili di mercato molto diversi fra loro.
Nel mercato della pasta secca domina un leader mondiale, Barilla, seguito da De Cecco e da due gruppi di grandi dimensioni attivi principalmente in altri campi, Colussi (che opera in primis nei prodotti da forno) e NewLat Group (tra i leader nel lattiero-caseario). A questi grandi nomi si affiancano una quarantina di aziende di dimensione media e numerosi piccoli produttori.
Nel mondo della pasta fresca c’è invece un grande leader, il Pastificio Rana, seguito da alcune medie imprese e da una trentina di dimensione contenuta. Nel segmento della pasta surgelata ci sono un numero limitato di aziende, di dimensione media o medio-piccola.
È interessante notare che quasi tutte le aziende medie operano almeno in parte conto terzi, cosa che permette di perseguire economie di scala, abbattere costi fissi e di poter lavorare nel canale moderno.

Una delle caratteristiche peculiari del settore pastario è l’incidenza molto alta della semola di grano duro sulla struttura dei costi: parliamo di circa il 40-50% di incidenza sul fatturato (60% circa per la pasta secca, 40% circa per la pasta fresca e per la pasta surgelata). L’andamento dei prezzi del prodotto finito è quindi molto influenzato dal prezzo delle semole, soprattutto per la pasta secca. Il grano duro è inoltre molto importante nel determinare le principali caratteristiche del prodotto finito, quali il colore, il gusto e la tenuta in cottura.
Una quota importante del grano duro utilizzato dalle aziende è di importazione (in particolare il grano canadese che ha un elevato contenuto proteico, il che permette la formazione della rete glutinica che conferisce la tenuta di cottura). Questo espone i produttori alle oscillazioni delle quotazioni del grano duro che sono di natura estremamente volatili e dipendono dalla quantità di superfici coltivate di anno in anno, dalle condizioni meteorologiche, dall'andamento dei raccolti e dai tassi di cambio. A peggiorare il quadro, la presenza sovente di fenomeni speculativi.
Nel 2022 questa situazione si è tradotta in un costo della semola di grano duro, principale materia prima per la produzione della pasta, cresciuto del 42,3%, mentre le uova sgusciate da allevamento a terra si sono incrementate del 54,2% e le farine di grano tenero del 27,7%. Nel frattempo, il costo dell’energia è più che raddoppiato. Fortunatamente nel 2023 è in atto una tendenza alla normalizzazione del costo del grano duro (con un calo del 23,5% nei primi tre mesi dell’anno), anche il prezzo della semola si è contratto (-17% nelle prime 19 settimane rispetto allo stesso periodo del 2022), il che fa ben sperare per il prossimo futuro.

Quanto detto finora non vale, o vale solo in parte, per la pasta fresca perché in questo campo i processi produttivi sono meno automatizzati e necessariamente più flessibili data la maggior varietà di materie prime (per i ripieni) e formati. Bisogna poi considerare l’elevata incidenza dei costi per la conservazione dei prodotti (la pastorizzazione e il raffreddamento), e un forte peso dei costi di gestione della rete logistica a causa della necessità di rispettare la catena del freddo.

 Elaborazione dati Cerved Marketing Intelligence a cura di David Migliori

Questo è solo un estratto di un articolo la cui versione completa, provvista di relativi grafici e tabelle, è disponibile sul numero 4 di Produzione Igiene Alimenti a questo link

 

 

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