Nomisma, in occasione della prima edizione di SOL2Expo, ha realizzato per Veronafiere uno studio approfondito sulla filiera dell’olio di oliva. Si tratta di una prima tappa di un Osservatorio dedicato alla manifestazione fieristica e a beneficio degli stakeholder del settore; un primo studio articolato in due fasi di analisi.

Innanzitutto i numeri chiave del settore olivicolo italiano e le performances di mercato con l’obiettivo di offrire una panoramica dettagliata e aggiornata della filiera dell’olio d’oliva, con focus sui trend di mercato e, sia per quanto riguarda i consumi che gli scambi commerciali; secondariamente, un’indagine sulla popolazione italiana, in particolare sui responsabili d’acquisto familiari, approfondendo sia l’uso alimentare che quello cosmetico dell’olio di oliva e declinando questi aspetti all’interno del concetto di sostenibilità.

I numeri chiave

Con 1,14 milioni di ettari dedicati alla coltivazione di olivi, di cui ben il 70% situati in aree montane e collinari, vale a dire in quelle aree interne del Paese a maggior rischio di abbandono e dove le opportunità economiche non sono così frequenti, l’Italia rappresenta uno dei principali produttori di olio d’oliva a livello globale, con una concentrazione significativa della produzione nelle regioni del Sud. 

A causa soprattutto degli impatti negativi dei cambiamenti climatici, il settore sconta un calo produttivo che ha visto ridursi l’offerta nazionale di olio d’oliva in maniera progressiva nell’ultimo decennio. In particolare, dal 2018 ad oggi, la produzione di olio d’oliva non è mai andata oltre le 370 mila tonnellate (rispetto alle oltre 560 mila di media ottenute tra il 2000 e il 2013).

Nonostante queste criticità, la filiera olivicola italiana si distingue per la qualità e la sostenibilità dei suoi prodotti. A dimostrazione di questo, per quanto in lenta crescita (e comunque in controtendenza alla produzione complessiva), la produzione di oli DOP e IGP è arrivata oggi a pesare per il 6% su quella nazionale, contro il 2% di dieci anni fa. Anche per quella biologica, le superfici coltivate secondo questo metodo rispettoso dell’ambiente incidono per il 24% contro il 15% del 2013.

L’export di olio EVO dall’Italia raggiunge oggi 160 paesi con Stati Uniti, Germania, Francia, Canada e Giappone che concentrano oltre il 60% delle esportazioni italiane di olio extravergine di oliva. Gli Stati Uniti, in particolare, assorbono circa un terzo dell’olio EVO italiano esportato.

I consumatori di olio

In questo caso l’indagine diretta è stata fatta coinvolgendo 1.000 consumatori italiani. Dalla survey è emerso come per il 13% dei responsabili di acquisto dei prodotti alimentari, gli effetti benefici sulla salute rappresentano il principale criterio di scelta; e complessivamente, il 36% considera questa funzionalità dell’olio di oliva una caratteristica importante.

Rispetto all’acquisto di olio extravergine di oliva, l’origine (considerata sia come provenienza italiana che da territori che vantano una certificazione DOP/IGP) guida la scelta di 4 consumatori su 10, prima del prezzo (18%) e della fedeltà alla marca (15%). 

Per quanto riguarda invece l’identikit del “frequent user” di olio EVO (quelli cioè che lo acquistano almeno una volta al mese), il profilo è quello di un consumatore che appartiene in maggioranza alle fasce generazionali di Gen X e Baby Boomers (over 45 anni) , residente nelle regioni meridionali del Paese, con figli e uno stile di vita che combina sostenibilità, edonismo e una dimensione urbana.

Fonte: Nomisma Agroalimentare

 
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