Studi sul trapianto fecale in topi germ-free hanno fornito informazioni chiave per comprendere il potenziale ruolo causale svolto dal microbiota intestinale in questo contesto, ci riferiscono Vania Patrone e la collega Maria Luisa Callegari. Sulla base di queste informazioni, è stato ipotizzato che la modulazione del microbiota intestinale potrebbe fornire un nuovo target per il trattamento dell’obesità.
La dieta gioca un ruolo importante nella genesi di questa patologia, e la riduzione delle calorie come l’adozione di abitudini alimentari più salutari sono vitali per sconfiggere l’obesità.
In questo ambito, in un primo studio abbiamo valutato gli effetti di una dieta arricchita in grassi, nello specifico olio di soia, sulla comunità microbica intestinale di topi, seguendo la progressione dell’obesità. La dieta, somministrata per due settimane, non era sfociata in un aumento di peso corporeo né infiammazione intestinale, dato il breve periodo di trattamento, però era stata sufficiente per aumentare il colesterolo totale nel sangue e indurre le prime modifiche del microbiota cecale, in particolare diminuzione di batteri considerati positivi per la salute intestinale quale Lactobacillus gasseri. L’abbondanza relativa di questo batterio intestinale è risultata negativamente correlata ai valori di colesterolo totale nel sangue, dato questo molto interessante alla luce di altre evidenze scientifiche che attribuiscono a questo batterio la capacità di ridurre l’assorbimento dei lipidi nell’intestino.
Ma la ricerca non si è fermata e lo sviluppo e la disponibilità di moderne tecnologie, in primis il sequenziamento di nuova generazione (next generation sequencing, NGS), ha consentito di espandere enormemente l’analisi sui geni e i genomi contenuti in comunità microbiche complesse. “Impiegando quindi questo approccio in un lavoro successivo – ci illustra Patrone – abbiamo usato sempre il modello murino per confrontare gli effetti di due diverse diete ipercaloriche, a base rispettivamente di olio di soia (HFS), ricco di grassi polinsaturi, e olio di cocco (HFC), ricco di grassi saturi.
Nelle nostre condizioni sperimentali la dieta HFC ha indotto lo stesso aumento di peso e accumulo di grasso della dieta HFS, ma ha influenzato il metabolismo lipidico molto di più dell’olio di soia aumentando significativamente il colesterolo totale e i trigliceridi. Un maggiore impatto è stato osservato anche sul microbiota cecale, ed è stato possibile evidenziare dei cambiamenti delle popolazioni batteriche specificatamente associati a una dieta piuttosto che all’altra. La dieta HFC era ad esempio associata, rispetto alla dieta HFS, a livelli più bassi di Akkermansia muciniphila, un batterio che colonizza lo strato di muco del tratto gastrointestinale e che sembra possa avere un ruolo chiave nello sviluppo delle patologie metaboliche e gastrointestinali”.
Stefano Boccoli
Communication and Content management Università Cattolica del Sacro Cuore