È cruciale riflettere sul percorso del settore alimentare, concentrando l’attenzione su due pilastri fondamentali del nostro futuro: la sicurezza e la sostenibilità. Questioni cruciali che nell’attuale contesto geopolitico assumono una connotazione ancora più importante e alquanto complessa.
E se durante la crisi sanitaria del Covid abbiamo vissuto momenti drammatici che hanno spazzato via tanti concetti e modelli consolidati di business, le guerre in corso stanno rendendo definitiva la necessità di voltare pagina in maniera decisiva. La chiave di volta o il perno portante su quale dobbiamo concentrarci senza dubbio sarà la sostenibilità che deve oltrepassare il suo status di concetto di nicchia e trasformarsi in normalità quotidiana.
Mi soffermo su questo per ribadire una cosa che vedo spesso dimenticata e cioè che la sostenibilità si esprime su tre binari paralleli: economico, sociale, ambientale e che in assenza di un punto unico di arrivo, gli sforzi di intraprendere questo viaggio rimangono pura demagogia e slogan pubblicitario, ingannevole oltre che dannoso.
In un contesto dove il 30% delle emissioni globali di gas serra è attribuibile al settore agroalimentare, l’urgenza di ridurre l’impatto ambientale è palese già da molto tempo e, nonostante ciò, ogni sforzo di innovazione trova ostacoli e paludi normative che hanno poco sapore di buon senso e tanto retrogusto di lobbismo finanziario e in certi casi anche politico.
Accanto a questo argomento, e sempre in prima fila, bisogna mettere la sicurezza alimentare che vanta altri record di paradossi, anche essi conosciuti da tempo, ovvero che ogni anno viene gettato complessivamente oltre un miliardo di tonnellate di cibo, pari al 17% di tutta la produzione. È stato calcolato, che se il cibo sprecato forse uno stato, sarebbe il terzo paese a livello globale dopo Cina e USA come produzione di gas serra. Questo dato non necessita di ulteriori commenti, basta solo ricordarsi che secondo l’ONU ci sono circa 800 milioni di persone che soffrono di fame.
Dunque, il problema non è solo etico o morale e non riguarda solo le popolazioni meno sviluppate, ma si ripercuote su tutti noi che in un modo o nell’altro subiamo le conseguenze dalle pandemie, delle guerre e delle migrazioni fuori controllo, provocate anche dalle questioni di “insicurezza alimentare”.
Ecco perché è così importante sviluppare una nuova e diversa cultura della sicurezza alimentare radicata nella sostenibilità e guidata da quel buon senso che oggi spesso è carente, soffocato da burocrazia e regole poco chiare, nonché da interessi economici che schiacciano con il suo peso i mercati, rendendo difficilmente accessibili le innovazioni soprattutto per le PMI.
Di fatto, l’introduzione delle innovazioni tecnologiche richiede notevoli investimenti che, nel quadro generale dell’inflazione sempre più crescente e i mercati finanziari oscillanti, pongono barriere di ingresso insormontabili per molti imprenditori che difficilmente potranno resistere all’attacco dei “colossi globali”. Di fronte a questo scenario, le sfide del futuro sicuramente appaiono complesse e complicate, difficili da risolvere e gestire e molto impegnative soprattutto per il nostro ruolo di Tecnologi Alimentari.
È evidente che la nostra professione è destinata a diventare ancora più determinante e importante lungo il percorso di riqualificazione e cambiamento che si devono adottare su tutta la filiera agroalimentare. Anche noi dobbiamo innovarci, adeguarci e crescere come professionisti, studiosi, ricercatori, ovvero come coloro che accompagnano e guidano il settore del food verso la transizione in una nuova era di sicurezza e sostenibilità alimentare.
Ci auguriamo che quest’anno simboleggi per tutti noi la volontà di compiere un altro passo in avanti lungo le nostre carriere, che ci veda ancora più entusiasti e consapevoli della necessità di evolvere e perché no, rivoluzionare la nostra professione, innovare i nostri approcci, ammettendo che forse siamo rimasti abbagliati dall’immagine del Tecnologo Alimentare come specialista multidisciplinare. Forse ci siamo accontentati di un ruolo fin troppo ampio e sfumato, non semplice da collocare, a vantaggio di altre professioni più definite che occupano storicamente ruoli chiave nella filiera agroalimentare. Senza parlare poi delle Istituzioni e dell’Autorità Competente, le quali sembrano non sapere che il nostro Corso di Laurea magistrale è l’unico che parla di alimenti a 360°, pertanto da un lato ci snobbano e dall’altro ci impediscono l’ingresso ai concorsi dirigenziali.
Siamo alle porte di una nuova era e di una nuova rivoluzione tecnologica e industriale, dove le competenze trasversali del Tecnologo Alimentare si devono estendere oltre le materie scientifiche classiche che non basteranno più, o forse serviranno meno, nel prossimo futuro che ci vedrà sempre più accompagnati da robot multifunzionali e intelligenze artificiali.
Dunque, spogliamoci da obsoleti pregiudizi e radicati modi di pensare alla nostra professione che deve diventare e mantenersi all’avanguardia, aggiornata, preparata e competente anche in ambito digitale.
Sono fiducioso, orgoglioso e fiero del nostro ruolo espresso con questa visione e in grado di adeguarsi a tutte le novità in arrivo e che continuerà a essere al timone e protagonista dei cambiamenti positivi che stanno avvenendo nel sistema agroalimentare. La strada è ancora lunga, ci sono e ci saranno difficoltà, ma con costanza, passo dopo passo, il futuro migliore arriverà.
Massimo Artorige Giubilesi
Presidente Ordine dei Tecnologi Alimentari Lombardia e Liguria