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Le operazioni di sterilizzazione sono centrali nelle tecnologie alimentari ma rivestono una grande importanza anche per i materiali e gli oggetti destinati al contatto alimentare (MOCA) e per le tecnologie di packaging in generale. Definizioni, parametri di valutazione, teorie e tecniche di sterilizzazione, sia chimiche che fisiche, non sono infatti molto differenti quando si considera un prodotto alimentare o il suo contenitore.

.Come accade per gli alimenti, anche molti MOCA temono le possibili conseguenze indesiderate del trattamento termico che, se per gli alimenti possono determinare un danno nutrizionale e/o sensoriale, per i MOCA possono modificare le caratteristiche dimensionali e prestazionali. Di fatto, altri agenti fisici diversi dal calore sono utilizzati per garantire l’inattivazione dei microrganismi, come le radiazioni UV e quelle ionizzanti (raggi gamma, beta ed elettroni accelerati). 

Il tema delle procedure di  sterilizzazione che vengono impiegate per i MOCA assume uno speciale rilievo e giustifica uno specifico approfondimento, per quei particolari oggetti che sono definiti “dispositivi medici” o che, in specifiche condizioni d’uso, possono essere definiti tali. È il caso degli oggetti per la nutrizione del neonato, quindi biberon, tettarelle ed altri. È questa una categoria di MOCA davvero molto peculiare e per la quale il rispetto dei requisiti di sterilità appare considerato in modo indipendente e separato da quello della possibile migrazione agli alimenti a contatto. Ad essi è specificatamente dedicato questo testo, con riferimento ai due principali metodi di sterilizzazione che sono impiegati per loro: un metodo che si può definire chimico e che impiega l’ossido di etilene e il metodo fisico di sterilizzazione mediante radiazioni ionizzanti. Entrambi questi processi sono largamente in uso e per entrambi sono stati messi a punto standard internazionali, sia ISO che EN, che ne disciplinano l’impiego.

 

L’ossido di etilene (EtO)

L'’EtO è un gas dalla potente azione biocida, risultando attivo anche contro i virus e le spore batteriche. Qualsiasi microrganismo presente all’interno o sulla superficie di un MOCA viene rapidamente ucciso dal gas, senza effetto sulle caratteristiche delle materie plastiche di cui è costituito e del suo imballaggio. La sua letalità dipende da 4 fondamentali parametri di processo: la concentrazione del gas (è normalmente commercializzato in miscela con altri gas), il tempo di esposizione, la temperatura (in genere 50-60°C) e l’umidità relativa (UR). I primi tre fattori sono correlati positivamente con l’azione biocida, vale a dire che aumentando, concentrazione, tempo e temperatura, l’effetto letale cresce. Diverso è il caso dell’umidità, studi recenti indicano che al di sotto del 30% e al di sopra del 90% di UR l’efficacia sterilizzante diminuisce in modo marcato in quanto l’umidità può condizionare il meccanismo diffusionale dell’EtO attraverso le pareti dei MOCA o dei dispositivi medici sterilizzati.

 

Sterilizzazione con elettroni accelerati

Essa presenta alcuni significativi vantaggi rispetto ad altri metodi in uso. Il processo, infatti, prevede tempi di esposizione brevi, non richiede, dopo il trattamento, un tempo di quarantena per evitare effetti indesiderati legati ai residui e provoca minori danni ossidativi rispetto ad altre radiazioni ionizzanti. Garantisce livelli di sterilità (SAL, Sterility Assurance Level) migliori di 10-6, vale a dire che la probabilità di trovare un microrganismo dopo il trattamento è inferiore ad una su 1 milione; è questo il livello richiesto dalla norma UNI EN 556-1 “Requisiti per Dispositivi Medici che recano l’indicazione STERILE”. Va comunque segnalato che i già citati specifici effetti delle radiazioni beta sui materiali polimerici ne possono condizionare l’utilizzo. Non tutti i materiali, in altre parole, possono essere sterilizzati con elettroni accelerati senza indurre modificazioni indesiderate del polimero ma ne è invece richiesta una selezione opportuna che può comportare costi maggiori rispetto ad altre alternative.

 

Luciano Piergiovanni

Gruppo Scientifico Italiano di Confezionamento Alimentare

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