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Lo spreco e la perdita di cibo lungo la filiera di produzione hanno un impatto sensibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Fra i 17 obiettivi dell’Agenda 2030, sottoscritta nel 2015 dai Paesi delle Nazioni Unite per realizzare il modello di sviluppo sostenibile, il punto 12 (Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo) è dedicato agli sforzi da intraprendere per affermare modelli sostenibili di produzione e di consumo, quindi la gestione sostenibile delle risorse naturali (12.2), la gestione ecocompatibile dei rifiuti nell’intero loro ciclo di vita (12.4) e anche la consapevolezza del cittadino di essere parte di questo sistema virtuoso con le sue scelte e le sue azioni.

La filiera alimentare gioca un ruolo primario: per l’impatto sull’ambiente (emissioni di gas serra, consumo di energia elettrica, acqua e suolo), sulle economie (volatilità dei prezzi, efficienza gestionale, gestione dei rifiuti, aumento dei costi) e sulle società in relazione all’accesso a una sana alimentazione.

Le strategie

“Il target 12.3 oltre a raccomandare la riduzione delle perdite alimentari nella fasi di produzione, post raccolta e trasformazione della filiera, fissa anche l’unico target quantitativo all’interno di questo goal: dimezzare entro il 2030 lo spreco alimentare globale pro-capite a valle della filiera agroalimentare, ovvero quello generato dalla vendita e dal consumo” ricorda OERSA, l’Osservatorio, Sprechi Recuperi Eccedenze Alimentari del Crea. L’UE contribuisce con la strategia Farm to Fork e con la Piattaforma sulle perdite e gli sprechi alimentari. Mentre a livello nazionale l’Italia è da anni impegnata con politiche di valorizzazione delle eccedenze alimentari. Dapprima con Legge n. 155/2003 detta del Buon samaritano, che ha consentito di avviare programmi di donazione e quindi di recupero degli alimenti in eccedenza della grande distribuzione e della ristorazione. E poi con la Legge Gadda 166/2016 (Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi, che rende la donazione un tassello importante). È uno strumento che interviene a valle quando l’eccedenza si è generata – non l’unico e risolutivo – ma in grado di completare un insieme di politiche e di strategie finalizzate alla prevenzione, che riguardano la filiera produttiva e la riduzione degli sprechi attraverso l’ottimizzazione dei processi produttivi e logistici. Lo ha ricordato l’on. Maria Chiara Gadda, con cui abbiamo approfondito l’impatto che la Legge n. 166, di cui è stata prima firmataria, ha avuto in questi anni, compresi quelli della pandemia, gli obiettivi raggiunti e le sfide future (vedi box). La donazione di per sé previene lo spreco perché è un modo per allungare il ciclo di vita di prodotti che perdono valore commerciale ma possono trovare un nuovo valore nella solidarietà sociale.

Otan e solidarietà

È in questo quadro complesso che si inserisce il protocollo stipulato fra l’Ordine dei Tecnologi Alimentari (OTAN) e la Fondazione Banco Alimentare ONLUS (FBAO), organismo che coordina e guida la Rete Banco Alimentare, nel contesto della solidarietà sociale e della beneficenza e recupera da tutta la filiera alimentare prodotti destinati alla distruzione perché diventino risorsa a fini sociali. Con sede principale a Milano, rende concreta la sua attività attraverso 21 Banchi Alimentari presenti su tutto il territorio italiano, ritirando prodotto direttamente dalla produzione primaria (Centri Distribuzione Industriale-Cedi, Mercati Ortofrutticoli), aziende di trasformazione (freschi, a lunga conservazione e surgelati), GD, ma anche grande ristorazione e catering di convegni e grandi eventi. Il Banco Alimentare si relaziona con la filiera dei donatori da un lato e dall’altro con 7600 associazioni che sul territorio raggiungono quasi 1.700.000 persone in stato di bisogno. È di fatto un operatore alimentare, perché la maggior parte del recuperato è stoccato in magazzini. “Dobbiamo garantire che il prodotto sia ritirato in maniera corretta, gestito nei nostri magazzini e poi ridistribuito con la sicurezza che chi ritira conservi il cibo e lo recapiti alle persone ancora integro”, spiega Vittore Mescia, responsabile Operation della FBAO. Da qui la necessità di fornire ai propri operatori un’adeguata preparazione e un percorso formativo mirato alla rete dei Banchi.

Un’attenzione alla sicurezza che si è già concretizzata con la creazione di un Comitato Tecnico Scientifico per la sicurezza alimentare con professionisti tra cui la Presidente Laura Mongiello (Tecnologa Alimentare e Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Tecnologi Alimentari), Orlando Paciello, (medico veterinario, docente universitario e membro del Direttivo del Banco Alimentare Campania) e Antonio Sorice, Presidente di SIMeVeP. Ed è proprio Laura Mongiello che ricorda le finalità del protocollo firmato nel 2017 dall’allora Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Tecnologi Alimentari Carla Brienza e Marco Lucchini, Presidente FBAO: “C’è la volontà condivisa di voler contribuire a migliorare qualitativamente il sostegno alimentare alle persone indigenti. Con questa finalità l’OTAN e la Fondazione Banco Alimentare Onlus vogliono promuovere azioni anche con le istituzioni pubbliche e in collaborazione con altre organizzazioni del terzo settore, per consolidare il recupero e la distribuzione di eccedenze alimentari lungo tutta la filiera agroalimentare, individuando anche innovative prassi alimentari in termini di igiene. OTAN”, conclude Mongiello, ricordando i termini del Protocollo, “si è impegnata in un’azione di supporto formativo attraverso gli Ordini Regionali e i professionisti iscritti, a favore degli operatori che si occupano di assistenza e sostegno alimentare, per contribuire attivamente con le proprie competenze al recupero e alla distribuzione di eccedenze in condizioni di un’assoluta conformità igienico sanitaria”.

Una chiamata alla collaborazione verso un Ordine di professionisti che grazie alle competenze, sa guardare tanto alla sicurezza quanto all’efficienza di un sistema di recupero e ridistribuzione di alimenti, in grado di realizzare il paradigma di un futuro sostenibile tanto da un punto di vista ambientale, quanto economico e sociale.

di Francesca De Vecchi
Tecnologa alimentare OTALL e divulgatrice scientifica

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