Con Marco Ricci, Consorzio Italiano Compostatori (CIC), abbiamo parlato di quale sia il ruolo del riciclo della frazione organica dei rifiuti nell’ambito dei concetti di sostenibilità e circolarità.
Cos'è il CIC e quali obiettivi si pone?
Il CIC è un’organizzazione senza fini di lucro che si occupa di promuovere e valorizzare le attività di riciclo della frazione organica dei rifiuti e ha come finalità la produzione di compost e biometano. Conta più di centotrenta consorziati, riunisce e rappresenta soggetti pubblici e privati produttori o gestori di impianti di compostaggio e di digestione anaerobica, associazioni di categoria, studi tecnici, laboratori, enti di ricerca, produttori di macchine e attrezzature e altre aziende interessate alle attività di compostaggio e di gestione dei rifiuti organici.
Il CIC è impegnato in numerose iniziative volte alla prevenzione della produzione di rifiuti organici e alla diffusione di una raccolta differenziata di qualità che permetta l’effettivo recupero degli scarti organici negli impianti di trattamento biologico. A tal fine, oltre a monitorare costantemente la qualità della frazione organica in ingresso agli impianti di compostaggio – o agli impianti integrati di digestione anaerobica e compostaggio – ha ideato programmi di qualità e sviluppato partnership con numerose associazioni nazionali ed internazionali.
Parliamo di processi. Riescono gli impianti oggi a lavorare tutto quello che è definito come compostabile?
Un requisito necessario per il conferimento di un oggetto alla filiera di recupero dell’organico è che tale manufatto deve essere certificato ai sensi della UNI-EN 13432; le effettive possibilità di conferimento nel circuito della raccolta differenziata dell'umido vanno però verificate dal consumatore con il proprio Comune/Consorzio. Facciamo ad esempio il caso delle cialde in bioplastica del caffè. Il CIC ha certificato la compostabilità di diverse cialde e capsule e tali prodotti hanno tutti superato anche i test di disintegrazione in impianti di compostaggio industriali, risultando compatibili con i tempi di processo previsti dalla norma UNI-EN 13432. Tuttavia, non tutti gli impianti in Italia sono allo stato attuale in grado di trattare tali rifiuti (che sono diversi dallo scarto umido alimentare) e quindi in alcune località l'accettazione di cialde e capsule non è attualmente garantita. La decisione spetta al singolo impianto.
Rispetto ai nuovi packaging alimentari, primari e secondari, qual è la percentuale che riesce ad essere effettivamente smaltita e ridotta a compost o altro prodotto finale?
La distinzione tra imballi primari e secondari sono dati che non abbiamo; in generale da test effettuati dal CIC, gli imballaggi compostabili sono stati aggiunti al processo di compostaggio in percentuali fino al 3% in peso, senza riscontrare sostanziali problematiche, ma si deve tener presente che lo scopo di un imballaggio compostabile (o di un sacchetto compostabile) è di massimizzare il recupero del rifiuto organico che contiene (a titolo d’esempio un sacchetto per la spesa può contenere anche 4 kg di rifiuto organico). Gli impianti CIC sono deputati prioritariamente a recuperare scarti alimentari e scarto verde. Per quanto riguarda il destino degli scarti di processo: vanno a smaltimento (come d’altronde accade per gli scarti di molti processi di recupero quali per esempio nel settore carta e plastica).
Dal vostro punto di vista qual è il peso del compostaggio (e della circolarità) nel discorso più ampio della sostenibilità del packaging alimentare?
Il compostaggio può rappresentare una soluzione di recupero per quella tipologia di packaging alimentare che non è separabile dallo scarto alimentare (pensiamo a un piatto imbrattato di cibo o a una confezione in film contenente residui di una crema alimentare); la compostabilità dell’imballaggio permette a quel punto di recuperare il rifiuto organico, senza interferire con il processo di compostaggio o di biogas. Si tratta di una caratteristica che invece le plastiche convenzionali non sono in grado di assicurare e che rischiano di compromettere la qualità finale del compost.
Va comunque ricordato che nel contesto della SUPD (Single-Use Plastics Directive, la direttiva sulle materie plastiche monouso) è prioritario concentrarsi sulla prevenzione e riduzione degli imballaggi, prima di pensare alla loro riciclabilità, anche in impianto di compostaggio.
Marco Ricci, Consorzio Italiano Compostatori (CIC)