Superati i 62 miliardi di euro, una tra le performance migliori tra i top exporter mondiali (+6%, superati solo dalla Germania che ha fatto leggermente meglio, mettendo a segno un +6,2%, mentre Francia, Cina e Stati Uniti hanno chiuso l’anno in negativo. I dati del VIII Forum Agrifood Monitor Nomisma-CRIF.
A livello di segmentazione dei prodotti, la crescita dell’agroalimentare Made in Italy sui mercati esteri è stata trainata da conserve vegetali (+13%), formaggi (+12%), ortofrutta (+9%) e carni preparate (+8%). Crescita sotto la media, invece, per l’export di pasta (+4%), mentre risulta in calo quello di vino (-1%).
Il VIII Forum Agrifood Monitor, organizzato in collaborazione con CRIF, ha fornito utili informazioni anche rispetto ai paesi in cui si dirigono le nostre esportazioni. Il maggior contributo al risultato si deve ai mercati dell’Unione Europea (+9%), mentre Nord America e Asia hanno fatto segnare rispettivamente un +0,1% e un -1,1%. In deciso aumento l’export verso il Centro-Sud America (+9%). Tra i mercati emergenti, cresce in particolare l’export in Brasile (+22%), dove l’Italia è leader nelle esportazioni di pasta, derivati del pomodoro e prodotti da forno.
Un focus sul Brasile
A quest’ultimo Paese è stato dedicato un apposito approfondimento. Su oltre 12 Miliardi di euro di valore di importazioni agroalimentari del Brasile, 356 Milioni di euro hanno riguardato nel 2023 prodotti italiani. Nel corso degli ultimi cinque anni, gli acquisti di food&beverage dall’Italia sono cresciuti ad un tasso medio annuo del 10%, contro una media di mercato del 5,7%.
Oltre 6 brasiliani su 10 identificano l’Italia come il Paese da cui proviene il food&beverage di maggiore qualità in assoluto. I primi cinque prodotti italiani esportati in Brasile sono le mele (che rappresentano il 13% del valore complessivo dell’export agroalimentare italiano), la pasta (12%), il vino (10%), prodotti da forno e olio d’oliva (entrambi con un peso del 9%). Per pasta e prodotti da forno, l’Italia è leader assoluto tra i fornitori esteri mentre nel vino e nell’olio d’oliva si colloca immediatamente alle spalle di Cile e Portogallo, che detengono la quota principale (rispettivamente pari a 37% e 61%)..