Una interessante pronuncia della Corte di Giustizia UE (sez. 7° del 22/02/2024 nella causa C-745/22) in merito alle sostanze utilizzabili come decontaminanti nella produzione di alimenti di origine animale. La vicenda trae spunto da una controversia tra una società con sede nei Paesi Bassi e l’organismo unico di controllo alimentare Greco. 

Quest'ultimo si era rifiutato di autorizzare l’immissione sul mercato greco di un prodotto a base di fago volto a prevenire, mediante irrorazione, la presenza del batterio patogeno Listeria monocytogenes negli alimenti di origine animale pronti per il consumo. La Corte di Giustizia UE, adita dal giudice ordinario, si è pronunciata sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale nonché dell’articolo 3, paragrafo 2, lettere a) e b), del Regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli additivi alimentari.

La normativa in materia

- Regolamento n. 853/2004
L’articolo 3 del Regolamento n. 853/2004, intitolato “Obblighi generali”, al paragrafo 2, prevede che: “Gli operatori del settore alimentare non usano sostanze diverse dall’acqua potabile o, ove il Regolamento (CE) n.852/2004 o il presente regolamento ne consenta l’uso, dall’acqua pulita per eliminare la contaminazione superficiale dei prodotti di origine animale, salvo che l’uso sia stato approvato dalla commissione [europea]. A tal fine alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 11 bis, con cui integra il presente regolamento (...)”.
- Regolamento n. 1333/2008
L’articolo 1, primo comma, del Regolamento n. 1333/2008 recita: “Il presente regolamento stabilisce norme relative agli additivi alimentari utilizzati negli alimenti, al fine di assicurare un efficace funzionamento del mercato interno garantendo al contempo un elevato livello di tutela della salute umana e di protezione dei consumatori, comprese la tutela dei loro interessi e le prassi leali nel commercio degli alimenti, tenendo conto, se del caso, della tutela dell’ambiente”.
L’articolo 2 del suddetto regolamento è così formulato:
“1.      Il presente regolamento si applica agli additivi alimentari.
2.      Il presente regolamento non si applica alle seguenti sostanze, se non nel caso in cui siano utilizzate come additivi alimentari:
a)      coadiuvanti tecnologici
per “coadiuvante tecnologico” s’intende ogni sostanza che:
i)      non è consumata come un alimento in sé;
ii)      è intenzionalmente utilizzata nella trasformazione di materie prime, alimenti o loro ingredienti, per esercitare una determinata funzione tecnologica nella lavorazione o nella trasformazione;
iii)    può dar luogo alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui di tale sostanza o di suoi derivati nel prodotto finito, a condizione che questi residui non costituiscano un rischio per la salute e non abbiano effetti tecnologici sul prodotto finito;
(...)”. 

Il contenzioso

Nel corso del 2015, un operatore ha chiesto alla Commissione europea di approvare una determinata sostanza come decontaminante per gli alimenti di origine animale pronti per il consumo, tuttavia la Commissione europea nel 2017 comunica la sua intenzione di non proseguire più la procedura di approvazione in mancanza del sostegno politico necessario.
Alla luce di ciò, successivamente, l’operatore ha tentato di far passare il legittimo impiego di tale sostanza, a prescindere dall’autorizzazione, sostenendo l’interpretazione secondo cui tale sostanza fosse un coadiuvante tecnologico e non un decontaminante, e che il vincolo autorizzatorio del citato art. 3 fosse riferibile solo ai macelli, mentre la sostanza in questione avrebbe un’applicazione successiva al di fuori dei locali dei macelli, durante le ultime fasi del processo di produzione.
La Commissione a questo proposito ha ricordato, da un lato, la propria intenzione di non proseguire la procedura di approvazione della sostanza sulla base del Regolamento n. 853/2004, dall’altro, ha affermato che, anche qualora questa costituisse un “coadiuvante tecnologico, tale prodotto rientrerebbe comunque nell’ambito di applicazione del Regolamento n. 853/2004 in quanto sarebbe utilizzato a fini di decontaminazione, con la conseguenza che necessiterebbe comunque dell’autorizzazione” che in ogni caso nello specifico non sarebbe stata rilasciata. 
 
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Le questioni sottoposte

Alla Corte di Giustizia sono state sottoposte 2 questioni relative alle citate normative:
1)      Se il Regolamento n. 853/2004 debba essere interpretato nel senso che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, dello stesso (e, di conseguenza, la sua immissione sul mercato europeo richiede l’autorizzazione preventiva della Commissione ai sensi dell’articolo 11 bis del regolamento) un prodotto come quello in esame, che secondo il produttore, viene applicato al di fuori dei locali dei macelli durante le ultime fasi del processo di produzione e non è destinato a eliminare la contaminazione superficiale nei prodotti di origine animale, bensì a prevenire la contaminazione.
In caso di risposta negativa alla prima questione,
2)      Se il Regolamento n. 1333/2008 debba essere interpretato nel senso che il summenzionato prodotto costituisce un “additivo alimentare” o un “coadiuvante tecnologico” [rispettivamente ai sensi delle lettere a) e b), dell’articolo 3, paragrafo 2, del Regolamento n. 1333/2008].
Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 2, del Regolamento n. 853/2004 debba essere interpretato nel senso che impone l’approvazione, da parte della Commissione, dell’uso di un prodotto, volto a prevenire la presenza del batterio patogeno Listeria monocytogenes negli alimenti di origine animale pronti per il consumo. 

La decisione

La Corte, nella sentenza, premette che l’articolo 3, par. 2, del Reg. CE n. 853/2004 stabilisce che gli operatori del settore alimentare non possono utilizzare alcuna sostanza diversa dall’acqua potabile o, se consentito dai Regolamenti n. 852/2004 o n. 853/2004, dall’acqua pulita, per eliminare la contaminazione superficiale dei prodotti di origine animale, a meno che l’uso di tale sostanza non sia stato approvato dalla Commissione.
Dal considerando 18 del Regolamento n. 853/2004 risulta che i requisiti strutturali e in materia di igiene, in esso stabiliti, si applichino a tutti i tipi di stabilimenti, comprese le piccole imprese e le unità di macellazione mobili. L’articolo 2, par. 1, lettera c), del Regolamento n. 852/2004 specifica, a tal proposito, che il termine “stabilimento” comprende “ogni unità di un’impresa del settore alimentare”.
Ne consegue che l’articolo 3, par, 2, del Reg. CE n. 853/2004 non sarebbe applicabile solo ai macelli, poiché il legislatore dell’Unione ha adottato una definizione ampia della nozione di “operatori del settore alimentare”.
In secondo luogo, tale interpretazione è supportata dalla nozione di “prodotti d’origine animale” (di cui all’allegato I, punto 8.1, del Regolamento n. 853/2004), che si riferisce in particolare ai prodotti presenti al di fuori dei macelli, ossia “prodotti di origine animale, compresi il miele e il sangue”. 
In terzo luogo, per quanto riguarda la definizione della nozione di “contaminazione”, la Corte ricorda che serve la previa approvazione della Commissione per l’uso di qualsiasi sostanza diversa dall’acqua per eliminare la contaminazione superficiale di tali prodotti di origine animale.
Inoltre, viene rilevato come la nozione di “contaminazione” comprende il rischio di introduzione di un pericolo associato al batterio patogeno Listeria monocytogenes, in qualsiasi fase del processo di produzione, trasformazione e confezionamento degli alimenti di origine animale, il regolamento non definisce o circoscrive il momento in cui occorre procedere all’eliminazione di siffatta contaminazione.
Tale interpretazione è avallata dall’obiettivo dello stesso Reg. CE n. 853/2004 che è quello di garantire un livello elevato di tutela dei consumatori per quanto attiene alla sicurezza dei prodotti alimentari. 
Alla luce di tale iter logico giuridico, la Corte risponde quindi alla prima questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 2, del Regolamento n. 853/2004 deve essere interpretato nel senso che l’uso di un prodotto che mira a prevenire la presenza del batterio patogeno Listeria monocytogenes negli alimenti di origine animale pronti per il consumo richiede l’approvazione da parte della Commissione. 

Conclusione

La Corte di giustizia con la sentenza in esame chiarisce l’obbligo di autorizzazione delle sostanze decontaminanti utilizzate nella produzione di alimenti di origine animale.
Avendo fornito tale risposta ai quesiti posti dal giudice nazionale, i giudici comunitari non sono entrati nel merito della problematica relativa alla possibile qualificazione della sostanza oggetto di discussione come coadiuvante tecnologico.
 
Avv. Chiara Marinuzzi. Studio Legale Gaetano Forte
 
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