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Tra i diversi microrganismi annoverati come “patogeni alimentari”, ovvero capaci di procurare una “Malattia a Trasmissione Alimentare” (MTA) a seguito di ingestione di alimenti da essi contaminati, la Listeria monocytogenes (Lm) non è la più frequente e diffusa, ma è di certo la più temuta dall’OSA e da chi si occupa di sicurezza alimentare: il 20-30% dei casi di listeriosi sono fatali.

Quello che segue è un ricco estratto di un articolo la cui versione completa, comprensiva di dati, tabelle, fonti bibliografiche, riflessioni e strategie, è disponibile online sul numero 6 di Produzione & Igiene Alimenti di Dicembre 2023. 

L’attenzione è alta. Il susseguirsi di pubblicazioni, documenti e linee guida che suggeriscono criteri di gestione, oltre a una bibliografia di carattere tecnologico alimentare, medico ed epidemiologico molto nutrita e ampia ne sono la prova. Le più recenti:

  • - linea guida pubblicata a “FSIS Best Practices Guidance for Controlling Listeria monocytogenes (Lm) in Retail Delicatessens “ FSIS-GD-2023-004 (giugno 2023);
  • - documento edito dal ministero canadese - Health Canada, “Policy on Listeria monocytogenes in ready-to-eat foods” (marzo 2023);
  • - guida IFS, “Supporting document Listeria prevention for slaughtering, deboning and processing” (novembre 2022).

I primi cenni

Si è iniziato a parlare della presenza di Lm negli alimenti negli anni ’90, quando fu definito come un “pericoloso batterio dannosissimo per la salute umana”. Moltissime pubblicazioni su questo “nuovo microbo” risalgono infatti a tale periodo. Periodo nel quale: la tecnica analitica tradizionale disponibile era poco selettiva e ancor meno differenziale; non erano fruibili metodi di rilevazione non colturali, assai diffusi oggi (metodi ELISA, ELFA e PCR); non erano ancora stati messi a punto sistemi e criteri di identificazione mirati e affidabili.
Anche il contesto normativo alimentare era poco definito, a differenza di ora con, in primis, il Reg. UE 2073/2005 e s.m.i. con i relativi documenti EURL e con i diversi documenti pubblicati da USDA-FDA, che hanno avviato le esportazioni di alimenti verso gli USA, diffondendo indicazioni e metodi.
Nel 1983, all’Università del Vermont, la dott.ssa Catherine Donnelly iniziò a studiare Lm in particolari formaggi, a seguito di una grande epidemia a Boston causata da un batterio relativamente sconosciuto, sviluppando così procedure per la rilevazione di Listeria in alimenti. A lei si deve il primo brodo selettivo di arricchimento chiamato UVM dal nome dell’università. Da questo momento storico, per arrivare ai metodi analitici in uso oggi, ISO 11290 e MLG 8.13, oltre a numerosi protocolli validati, ci sono voluti quasi 20 anni. Eppure Lm è sempre “in auge”, ritiri e richiami sono assai frequenti.

Un po’ di storia

I primi cenni documentabili risalgono al 1926. Il primo caso noto e documentato di Listeriosi è datato 1949 e coinvolgeva neonati: 85 feti, abortiti o morti poco dopo la nascita, furono identificati come affetti da granulomatosis infantispetica. Il microbiologo Patel isolò dai piccoli cadaveri un unico batterio che chiamò, erroneamente, corynebacterium. Lo studioso Seeliger tuttavia, approfondendo lo studio, lo riconobbe come Listeria.In seguito, fu lo scienziato francese Rocourt che iniziò a distinguere Lm da altre Listerie, osservandone alcune peculiarità biochimiche correlate a manifestazioni di patogenicità. Grazie a questi primi studi e a tutti quelli che seguirono, oggi il quadro di conoscenze su Lm, habitat e caratteristiche di crescita, tecniche analitiche e di indagine, è ampio e robusto, adeguato a monitorare e tenere sotto controllo il microrganismo nella produzione di alimenti, limitando o, meglio, prevenendo la probabilità di causare MTA.

Chi è Listeria Monocytogenes?

È diffusa nell’ambiente in modo praticamente ubiquitario, perché è in grado di vivere in tantissimi ambienti e di persistere su molte superfici. “Lm è un professional pathogen, un microbo esperto con la vocazione di causare MTA quando le condizioni glielo consentono e il contesto lo permette”, Tauxe.
Le condizioni a cui sopravvive sono molto ampie: termicamente, sta bene al freddo (psicrotrofia), riesce a sopravvivere ma anche a moltiplicarsi a temperature tra < 0°C e -1°C, ma cresce bene fino a 50°C; resiste a valori di pH compresi in un ampio intervallo, tra 4.0 e 9.5, ovvero in gran parte degli alimenti; relativamente a pressione osmotica, tollera bene il sale a concentrazioni molto alte (8-10%). Anche per il parametro Acqua libera (Aw) il range è ampio: cresce da Aw minima di 0,88 e può moltiplicarsi fino a 0,92.
Queste caratteristiche fanno ben comprendere come l’applicazione della teoria degli ostacoli, principio fondamentale delle tecnologie alimentari, sia ardua.

Figura 4 Principali ostacoli utilizzati per la conservazione degli alimenti da Leistner 1995
Numerosi fattori possono prevenire o, di contro, favorire la moltiplicazione dei microrganismi. Pertanto la combinazione di diversi fattori di inibizione può determinare un notevole miglioramento nella stabilità microbiologica degli alimenti:

(a) I fattori intrinseci sono le caratteristiche chimiche, fisiche e biochimiche dell’alimento, del substrato, quali la composizione nutrizionale, i fattori antimicrobici naturali, l’Aw, il pH, l’Eh e il potenziale di ossido-riduzione.

(b) I fattori di processo sono quelli che influenzano lo sviluppo microbico durante i trattamenti quali la pastorizzazione, la sterilizzazione o la contaminazione secondaria.

(c) I fattori estrinseci sono quelli legati all’ambiente, quali la temperatura di conservazione o l’atmosfera e le condizioni di confezionamento.

L’impiego combinato di livelli sub-inibitori di questi citati parametri viene indicato come “Hurdles Concept” (concetto degli ostacoli), “Legge di Blackman” e “Teoria di Leistner”. I microrganismi per potersi moltiplicare in un alimento dovrebbero essere in grado di superare tutti gli ostacoli interposti. Ogni ostacolo contribuisce alla possibile inibizione microbica con uguale o differente intensità. Ma ostacoli di differente intensità possono interagire per effetto sinergico innalzando l’effetto barriera e influenzando così la stabilità microbica. Alcuni esempi del “concetto degli ostacoli” sono certi tipi di carne conservata (cloruro di sodio, pH, trattamento termico) e i formaggi fusi (umidità, pH, fosfati, cloruro di sodio). Sappiamo anche che Lm è più vulnerabile quando si trova in fase di crescita, in fase LOG, meno quando ha raggiunto una fase stazionaria. Ciò lascia intendere quanto sia importante e determinante l’azione preventiva e tempestiva. Non è solo un patogeno professionista, ma anche un patogeno che evolve, perché impara a difendersi dalle condizioni avverse che l’uomo cerca di mettergli intorno, modulando le sue caratteristiche e sviluppando meccanismi di difesa, di resistenza e di virulenza. Ecco che la contaminazione degli alimenti è potenzialmente facile e frequente, con percentuali variabili tra il 16 e il 92%.
La maggior parte degli studi concorda nell’osservare che la principale causa di Listeriosi come MTA (95% dei casi) sia riconducibile al consumo di alimenti Ready To Eat (RTE), in particolare a base di carne contaminati in fase “post processo” e tenuti in condizioni favorevoli alla proliferazione di Lm.

Listeriosi: malattia e incidenza

Biofilm of antibiotic resistant bacteria. Rod-shaped and spherical bacteria. Escherichia coli, Pseudomonas, Mycobacterium tuberculosis, Klebsiella, Staphylococcus aureus, MRSA. 3D illustrationLm è un batterio capace di aggredire l’intestino portando a gastroenterite febbrile, oppure, passando da altri organi, causare forme patologiche extra-intestinali molto gravi: setticemia, aborto e meningite. Nel 1980, la Listeriosi è stata riconosciuta come grave intossicazione alimentare a seguito di diverse e successive epidemie nell’uomo. Oggi, è considerata un grave problema di salute pubblica. È una malattia infettiva causata da Lm con distribuzione mondiale. Fino al 1960, era raramente segnalata; a partire dal 1980, migliaia di casi vengono segnalati ogni anno in tutto il mondo, dimostrando la grande attenzione creata dopo che l’infezione è stata associata al consumo di cibo contaminato (98% dei casi). Altre forme meno frequenti di diffusione sono rappresentate dalla trasmissione verticale madre-figlio, zoonotica, nosocomiale e aerosol. Generalmente, la dose minima infettante è di circa 10^6 ufc/g (unità formanti colonia/grammo), mentre per le categorie a rischio, è intorno a 10^2-10^4 ufc/g. Le manifestazioni cliniche, infatti, assumono particolare gravità in alcune categorie di individui che generalmente hanno un sistema immunitario compromesso. È importante considerare che la dose infettiva capace di causare l’infezione è influenzata non solo dalla virulenza e patogenicità del ceppo batterico e dalla quantità di cibo consumato in relazione al suo livello di contaminazione, ma anche dallo stato di salute dell’ospite.

Alimenti: tutti o alcuni in particolare?

La nutrita letteratura ci mostra quanti alimenti siano stati coinvolti in casi di Listeriosi, sia di origine vegetale sia animale.Tutti i casi hanno in comune un particolare: la contaminazione causa di MTA non è stata “nativa”, dovuta a una carica infettante del batterio nella materia prima, nel prodotto, bensì secondaria e/o accidentale. Sempre correlabile a una qualche negligenza umana. Di fatto, nelle materie prime la presenza di Lm è frequente ma raramente in concentrazioni alte; invece, nei prodotti RTE, soprattutto processati termicamente, la contaminazione post trattamento è facile e Lm trova le condizioni ottimali per proliferare e innalzare la sua presenza a concentrazioni significative e pericolose, soprattutto se l’alimento viene consumato da persone vulnerabili (donne in gravidanza, anziani, immunocompromessi, etc.). Sono i dati osservati, la casistica che ci rende chiaro questo scenario. Alcune valutazioni e letture ragionate dei richiami, dei casi notificati, dei decessi osservano e definiscono addirittura Lm come “patogeno fuori controllo”.
Se pensiamo al 2022, il focolaio di Lm ST 155 ha coinvolto tanti settori produttivi e distributivi e ha portato alla ribalta di giornali e opinione pubblica il patogeno, tanto che il Ministero della Salute e la Direzione generale della sicurezza degli alimenti e la nutrizione, oltre a mettere in atto tutte le azioni previste per la massima tutela dei consumatori, ha richiamato l’attenzione della popolazione su alcune semplici regole relative alla corretta preparazione e al consumo degli alimenti, in particolare sull’importanza di seguire le indicazioni riportate in etichetta, e all’igiene nella manipolazione dei cibi in cucina, pubblicando utili promemoria come “Etichette e igiene, ecco le regole per la sicurezza alimentare”.

Laura Scafuri
Tecnologa Alimentare OTALL
Responsabile Laboratorio Salumificio Fratelli Beretta S.p.A

La versione completa di questo articolo, comprensivo di dati, tabelle, fonti bibliografiche, riflessioni e strategie è disponibile online sul numero 6 di Produzione & Igiene Alimenti di Dicembre 2023.

 

 

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