Se un controllore fosse oggi chiamato a verificare quando una porzione di Grana Padano o Parmigiano Reggiano ha una grana conforme al disciplinare, la soggettività della sua decisione potrà creare una diversa grana, forse più difficile da risolvere. Perché? Mentre esistono metodi di misura delle proprietà di frattura del formaggio, la misura oggettiva della granulosità non è ancora stata messa a punto e formalizzata.
Come ho ricordato nel mio libro “Parmigiano Reggiano, Grana Padano e formaggi similari. Cambiamenti, denominazioni, emigrazioni e concorrenza” fino alla Convenzione di Stresa del 1951 il Parmigiano Reggiano si denominava, non senza contrasti, Grana Tipico Reggiano Parmigiano, mentre i formaggi a nord del Po erano sdegnosamente chiamati “Grana Non Tipico”. Il nome Grana compare nel 1785 nell’opera dell’abate lombardo Gerolamo Ottolini su come “Migliorare la fabbrica dei formaggi”, mentre Emilio Manghi, tecnico caseario reggiano, nel 1864 scriveva di “formaggio di grana o scaglia”.
Due gli aspetti fondamentali della struttura di questa varietà di formaggi: il modo con cui il formaggio si frattura quando sottoposto a sollecitazione meccanica con una lama, la scaglia, e l’aspetto granuloso della superficie della scaglia che si ottiene.
Questa struttura è il risultato di scelte legate alla percentuale di grasso del latte di caldaia e ai modi di spinatura del coagulo e di cottura, velocità e temperatura finale. La giunzione dei singoli granuli di cagliata così ottenuti, per quanto salda, resta imperfetta. La granulosità del formaggio maturo è il risultato del punto di equilibrio deciso dal casaro tra gli estremi di produrre forme fresche cosiddette “rigate” o finite e di una sufficiente durata della stagionatura. Quest’ultima, tuttavia, è necessaria ma non sufficiente.
Anche gli standard di Parmesan USA, Reggianito e Parmesano prodotti da emigrati oggi concorrenti con l’Italia sui mercati extraeuropei, prevedono una struttura granulosa della pasta. Non sempre la mostrano.
Alcuni gourmand del Belpaese trovano che, assieme a non pochi similari soprattutto se destinati a essere venduti giovani, anche qualche formaggio DOP abbia talvolta una pasta che richiama più l’italica “pattona”, dolce a base di farina di castagne, che non la granulosità.
Nonostante l’importanza della grana nella definizione della qualità di Parmigiano Reggiano e Grana Padano, mancano ancora metodi di misura oggettivi, diretti o indiretti, che possano quindi servire a discriminare i formaggi con grana accettabile da quelli che ne sono privi. La determinazione oggettiva della grana, caratteristica del formaggio che è nel sapere di ogni casaro capace, diventerebbe un forte strumento di supporto alle politiche di qualità e difesa dalle imitazioni improprie. Chi saprà sviluppare un metodo semplice e riproducibile di misura della granulosità avrà aiutato il settore lattiero-caseario a difendere il saper fare della tradizione nazionale.
Germano Mucchetti
Professore ordinario di Scienze e Tecnologie Alimentari