Il progetto SmartAlp nasce con lo scopo di valorizzare le produzioni ottenute in alpeggio e valutare l’impatto delle attività pastorali sugli ecosistemi seminaturali alpini.

Con la Professoressa Flavia Gasperi, docente di Analisi Sensoriale presso Centro Agricoltura Alimenti e Ambiente dell’Università di Trento, abbiamo parlato del progetto finanziato dal Piano di Sviluppo Rurale della Provincia Autonoma di Trento e coordinato dalla Fondazione Mach di San Michele all’Adige.

Qual è l’obiettivo generale del progetto?

La finalità consiste nel sostenere l'alpeggio come scelta di una zootecnia più sostenibile da un punto di vista ambientale; che vada incontro alle preferenze di un consumatore attento e sensibile verso questi aspetti e che ama andare in montagna. Coniuga quindi la valorizzazione di un prodotto tipico e quella del suo territorio. 

Il nostro obiettivo era indagare la qualità sensoriale delle produzioni di malga, analizzando i prodotti ma anche interpretando le risposte dei consumatori sia in termini di percezione che di scelta verso i prodotti caseari di malga. Per questo, a fine 2019, abbiamo organizzato un test rivolto ai consumatori durante il quale abbiamo proposto degli assaggi alla cieca di un formaggio trentino: il Puzzone di Moena DOP, formaggio a pasta semidura a crosta lavata prodotto da latte vaccino crudo di animali allevati nelle valli di Fassa, Primiero, Fiemme e nei comuni di Anterivo e Trodena a un’altezza minima di 1000 m (stalla di fondovalle) fino a 2000 m di altitudine (pascolo d’alpeggio). Abbiamo voluto capire quale potesse essere l’effetto dell’informazione “prodotto d’alpeggio” sull’accettabilità di un formaggio trentino.

Quali sono state le caratteristiche del test?

Il test ha coinvolto 156 consumatori (55% uomini, età media 41 anni) che hanno assaggiato due tipi di Puzzone di Moena DOP a diversa stagionatura (100 giorni per il prodotto di fondovalle e 200 per quello prodotto in alpeggio). ai consumatori veniva chiesto di leggere attentamente le istruzioni date a video e di valutare quattro campioni, presentati in maniera anonima, corrispondenti alle due tipologie di formaggio scelte, accompagnate una volta dalla dicitura “prodotto d’alpeggio” e una volta con quella “prodotto di stalla”. I risultati ci hanno permesso di quantificare l’effetto dell’informazione sia per il formaggio d’alpeggio sia per quello di stalla, a prescindere dalla reale provenienza del latte. Mediamente si sono registrati punteggi di gradimento alti per entrambi i formaggi anche se i campioni presentati come “prodotto d’alpeggio” hanno ottenuto in media un punto in più (in una scala da 1 a 9) di accettabilità, a riprova della forza di questa indicazione.

Abbiamo tuttavia studiato come le risposte variano in funzione delle diverse caratteristiche dei consumatori dal punto di vista socio-demografico e comportamentale; per esempio il tipo di dieta alimentare seguita, o la percentuale di prodotti biologici e a km zero acquistati settimanalmente.

Quali sono le informazioni per i produttori dedotte da questo vostro studio?

I risultati dimostrano che esistono le basi affinché il prodotto d’alpeggio diventi un prodotto per tutti i consumatori, sebbene saranno necessari maggiori sforzi per promuovere il prodotto anche in luoghi diversi dalla malga o dal caseificio.

 

Francesca De Vecchi

 

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