Abbiamo chiesto a Luca Ruini, presidente di CONAI, il Consorzio Nazionale Imballaggi, quale futuro prevede per gli imballaggi alimentari e quale sarà il ruolo del Consorzio.
Chi è CONAI e quali sono i suoi obiettivi?
Il Consorzio Nazionale Imballaggi opera senza fini di lucro perseguendo gli obiettivi di recupero e riciclo dei materiali di imballaggio previsti dalla legislazione europea. Vi aderiscono circa 800.000 imprese produttrici e utilizzatrici di imballaggi. Anche per questo possiamo dire che CONAI rappresenta un modello di gestione di un interesse di natura pubblica da parte dei privati: tutte le attività del Consorzio sono volte a far sì che si tuteli l’ambiente gestendo correttamente il ciclo di vita degli imballaggi, attraverso la responsabilità condivisa tra imprese, pubblica amministrazione e cittadini.
Il Consorzio rappresenta per i cittadini la garanzia che i materiali provenienti dalla raccolta differenziata trovino pieno utilizzo attraverso corretti processi di recupero e riciclo. CONAI indirizza l’attività e garantisce i risultati di recupero dei sei Consorzi dei materiali: RICREA per l’acciaio, CIAL per l’alluminio, COMIECO per carta e cartone, RILEGNO per il legno, COREPLA per la plastica e COREVE per il vetro. È nato da pochissimo il nostro settimo consorzio, BIOREPACK, per la gestione degli imballaggi in bioplastica.
Qual è il futuro degli imballaggi in ottica di sostenibilità e qual è il vostro contributo in termini di green economy?
Da diversi anni promuoviamo il nostro Bando per l’eco-design: premiamo le aziende che hanno rivisto i loro imballaggi in chiave sostenibile. L’emergenza sanitaria non ha frenato nemmeno l’edizione 2020, che ha confermato il trend positivo di candidature e di casi presentati. Ne siamo molto soddisfatti: crediamo si tratti di una conferma di come la sostenibilità degli imballaggi continui ad essere un tema forte, al quale il mondo delle imprese continua a interessarsi. È ampiamente dimostrato come la maggior parte degli impatti che un imballaggio avrà nel corso di tutto il suo ciclo di vita si definiscono nella fase della sua progettazione: una volta che il pack viene immesso al consumo e arriva sul mercato, i margini di intervento per limitarne l’impatto ambientale sono decisamente più ridotti. I modelli di business del futuro devono tenerne conto e, se vogliono essere davvero sostenibili, devono continuare a lavorare sulla prevenzione.
Quali strumenti pratici mettete a disposizione delle aziende perché possano orientarsi nelle scelte di progettazione di imballaggi sostenibili?
Ad esempio Supporto Riciclo, una piattaforma web per la consultazione pubblica e la diffusione di Linee Guida sul design for recycling degli imballaggi. Le si affianca E-pack, un servizio online di supporto alle imprese per la progettazione di imballaggi eco-efficienti anche in riferimento all’etichettatura ambientale. EcoD Tool è invece un software che guida le aziende nella valutazione ambientale dei loro imballaggi e che permette di valutare i benefici dell’eco-design grazie ad un’analisi Life-Cycle Assessment semplificata. In parole povere, i risultati di un intervento che vuole rendere l’imballaggio più sostenibile vengono misurati in termini di risparmio energetico, idrico, di riduzione delle emissioni di CO2, di materia prima seconda generata e di circolarità.
Francesca De Vecchi
Tecnologa Alimentare OTALL e divulgatrice scientifica