È compatta la risposta del mondo agroalimentare italiano contro la politica commerciale scelta dagli Stati Uniti. Il mondo delle eccellenze del made in italy è tra le i comparti più colpiti dalle misure dato che gran parte delle esportazioni hanno come destinazione finale proprio gli USA e si temono e si prevedono impatti importanti in termini di costi e aumenti dei prezzi finali per i consumatori.

La guerra commerciale innescata dell’amministrazione Trump ha effetti negativi non solo sull’economia, ma anche sulla tenuta sociale e sulla coesione dei territori rurali italiani. Origin Italia sottolinea il rischio che incombe su un modello di sviluppo che, negli ultimi anni, ha permesso di rilanciare economie locali fragili attraverso la valorizzazione dei prodotti DOP e IGP. “Negli ultimi cinque anni – sottolinea l’Osservatorio della Fondazione Qualivita – la Dop Economy è cresciuta in oltre il 90% delle province italiane a dimostrazione del radicamento capillare del sistema sul territorio in particolare nelle aree del Sud che hanno mostrato i trend migliori di crescita grazie anche all’export”.

Cesare Baldrighi Presidente OriGIn Italia 1La nota di Orgin Italia è tra le più chiare nel mostrare tutte le conseguenze negative attese: le barriere tariffarie limitano infatti l’accesso ai mercati globali, penalizzano le produzioni di qualità legate all’origine e favoriscono prodotti standardizzati o di imitazione realizzati in loco. In questo modo, compromettono la diffusione del modello IG e alimentano dinamiche di concorrenza sleale. E il danno si estende anche sul piano dei diritti: i dazi violano il principio della tutela della proprietà intellettuale riconosciuta a livello internazionale alle Indicazioni Geografiche, ostacolando il pieno esercizio di questo diritto da parte dei produttori legittimi. La protezione delle IG deve essere garantita attraverso un commercio equo e privo di ostacoli ingiustificati, nel rispetto degli accordi internazionali come il Trips.
“Chiediamo un intervento urgente – è l’appello di Cesare Baldrighi – presidente di Origin Italia – all’Europa e all’Italia affinché difendano con forza il sistema delle IG (Indicazioni geografiche) nelle sedi internazionali, per sostenere un comparto economico strategico e proteggere le 300.000 imprese italiane e i loro 900.000 occupati che aderiscono al sistema delle DOP IGP in Italia.”

Il settore del formaggio e dei salumi

Dal mondo lattiero-caseario il Consorzio del Parmigiano Reggiano era intervenuto tempestivamente, evidenziando con chiarezza come i prodotti italiani abbiano poco a che fare con i formaggi americani per posizionamento, standard di produzione, qualità e costi differenti (ne abbiamo parlato qui).

Non meno netta la posizione del Consorzio Grana Padano DOP che con 215.000 forme esportate e una crescita del 10,53% rispetto al 2023, vede gli Stati Uniti come il terzo mercato per importanza. I dazi al 20% ora mettono a rischio tutto il lavoro fatto in questi anni per le esportazioni italiane.

Berni1 Grana PadanoFinora, su ogni forma di Grana Padano esportata negli Stati Uniti era applicato un dazio pari al 15% del valore fatturato per circa 2,40€ al kg – ha spiegato in un’intervista all’ANSA Stefano Berni, Direttore Generale del Consorzio. Con l’aumento del 20%, il prelievo allo sbarco in USA salirà a quasi 6 euro al kg al consumo che si amplificheranno ulteriormente, con inevitabili conseguenze sui prezzi americani. Il 39% esibito ieri sera sulle tabelle di Trump non è vero per quanto riguarda il caseario perché il dazio all’ingresso in UE di formaggi americani è di circa 1,8€ al kg; quindi, inferiore a quanto noi da sempre paghiamo, e con i nuovi dazi diventerebbe appena 1/3 di quanto noi dovremo pagare da oggi in poi. Quindi, almeno per noi, è un’inesattezza colossale che il dazio aggiuntivo sia la metà del dazio addebitato ai formaggi USA perché, ripeto, a noi oggi costa il triplo per entrare negli USA rispetto a quello che i formaggi USA pagano per entrare da noi.”
Berni sottolinea l’urgenza di un intervento politico e diplomatico: “Le istituzioni italiane ed europee devono attivarsi immediatamente per contrastare questo contraccolpo, adottando tutte le misure necessarie a tutelare le esportazioni dei prodotti colpiti da questi dazi ingiustificati e per noi assai penalizzanti. Siamo sconcertati perché ogni qualvolta c’è tensione internazionale i formaggi di qualità vengono colpiti oltre misura. È successo nel 2014 con l’embargo russo post invasione in Crimea e da allora non esportiamo più un solo kg in Russia. È successo dall’ottobre 2019 al febbraio 2021, nell’ultimo tratto del Governo Trump, potrebbe succedere in Cina tra poco ed è successo di nuovo in USA oggi”.

Secondo gli esperti del settore, questa misura favorirà soprattutto la diffusione negli USA di prodotti “Italian sounding”, che sfruttano nomi e suggestioni della tradizione italiana senza offrire le stesse garanzie di qualità e autenticità. “La scelta di Trump – conclude Berni – è un pesante danno per noi e un grave errore che penalizza i consumatori americani, che pagheranno di più incidendo quindi anche sulla loro inflazione.”

Passando al Gorgonzola DOP l’export mondo esclusa l’UE copre il 14% del totale esportato e l’11% di tale percentuale vola verso gli USA che rappresentano, quindi, un mercato di tutto rilievo con oltre 387tons in termini assoluti pari a oltre 3 milioni di euro a valore.

Auricchio GorgonzolaAntonio Auricchio ha dichiarato in una nota: “Abbiamo sperato fino all’ultimo che l’amministrazione americana non intraprendesse questa assurda guerra commerciale soprattutto con noi alleati. Alla fine i dazi sono arrivati nella misura del 20% sulla produzione casearia “Made in Italy” diretta in USA, ma bisogna tener presente che questa percentuale si aggiunge a quella già esistente che arriva fino al 15% per alcuni formaggi, tra cui il Gorgonzola DOP che, considerando un prezzo medio al chilo di 10,00 €, arriverà a costare ai consumatori americani un terzo in più del prezzo odierno. A fine giugno saremo al Fancy Food di New York, una fiera importantissima, e bisogna fare assolutamente squadra intorno ai grandi formaggi DOP italiani così assurdamente e ingiustamente colpiti. Chiediamo un’azione tempestiva e concreta, sia da parte del nostro Governo sia a livello comunitario, per impedire che questi ulteriori costi si ripercuotano sui consumatori americani che amano il Gorgonzola Dop e soprattutto sulle nostre imprese già duramente provate dal prezzo del latte e da costi energetici altissimi.”.

Mario Emilio Cichetti, direttore del Consorzio del Prosciutto San Daniele Dop in un’intervista a ADN kromos non è meno deciso nel denunciare le insensatezze delle nuve misure decise da Trump. 
“Siamo in mezzo a una guerra internazionale commerciale, ma abbiamo però anche visto che in passato gli Usa hanno sì minacciato e applicato dazi, che poi però hanno modificato, e quindi speriamo che comunque abbia luogo una mediazione politica che consenta di gestire in maniera più sennata la vicenda”. Secondo Cichetti “sino fino al 20% è un dazio che sicuramente sarebbe meglio che non ci fosse, ma insomma non dovrebbe creare eccessive difficoltà al nostro prodotto. È gestibile da parte nostra come Consorzio. Questo perché c’è una esclusiva merceologica di prosciutti crudi stagionati italiani negli Stati Uniti. Sicuramente quella tipologia di prodotto è tutta italiana, tra Dop e non Dop, e quindi abbiamo una posizione di mercato che subirà sicuramente qualche ulteriore difficoltà, ma crediamo, e speriamo, che non venga intaccata troppo”, conclude.

Il settore del vino

fabrizio bindocci 2022Spostandoci al mondo del vino che vede da sempre gli USA come meta prediletta per la destinazione finale dei propri prodotti la musica non cambia. “L’annuncio dei dazi americani al 20% su tutte le produzioni europee vini compresi andrà inevitabilmente a colpire duramente anche la nostra denominazione, che vede negli Stati Uniti il suo principale mercato di sbocco dove destiniamo oltre il 30% delle nostre esportazioni. Queste tariffe di fatto riguardano tutte le principali economie del mondo che alimentano una guerra commerciale dove ne usciremo tutti sconfitti e più poveri. Per questo il danno rischia di oltrepassare i confini statunitensi”. Così il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino Fabrizio Bindocci commenta i dazi reciproci annunciati ieri sera dal presidente Trump.
“Queste misure avranno un effetto ad ampio spettro dove non solo il vino rischia di diventare un bene voluttuario sempre più inaccessibile per i consumatori ma allo stesso tempo andranno a colpire settori cruciali anche per la nostra economia locale come l’enoturismo. Ci appelliamo – conclude Bindocci – alle istituzioni e alle diplomazie europee affinché riescano a trovare un accordo con gli Usa per scongiurare una penalizzazione che colpirebbe in maniera inesorabile tutte le imprese”.

Anche per il Nobile Montepulciano gli usa sono primari. Lì finiscono il 35% delle esportazioni, un mercato in forte crescita. 

“Adesso che i dazi sono realtà occorre valutare con razionalità i reali impatti che subiranno i nostri prodotti”. Commenta così a caldo la manovra di Trump il Presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, Andrea Rossi, che nei giorni scorsi aveva firmato una lettera indirizzata ai tre Ministri italiani (Lollobrigida, Tajani e Urso) in cui chiedeva attenzione al pericolo di queste misure. 
“Scongiurata la iniziale minaccia del 200%, certo questa manovra avrà ripercussioni anche sul vino italiano e sul Vino Nobile di Montepulciano che a oggi su una totalità di circa 10 milioni di bottiglie annue, esporta nel mercato americano il 35%”, continua Rossi. “Siamo sempre più convinti che sia necessario avviare un dialogo costruttivo con le controparti americane per tutelare il nostro settore che rappresenta non solo un’eccellenza del made in Italy ma anche una componente essenziale della nostra economia – conclude Andrea Rossi –  per questo ribadiamo l’importanza di accelerare la ratifica di accordo di libero scambio attraverso il Mercosur, al momento bloccato, e di eventuali altri accordi internazionali, oltre anche alla necessità di semplificare l’utilizzo di fondi OCM ormai ingessati dal forte peso burocratico richiesto”.

Si potrebbe continuare con analoghe prese di posizione dei consorzi che rappresentano un’altra eccellenza vinicola italiana, quella del Chianti (sono intervenuti enrgicamente sia i rappresentanti del Chianti Classico DOP che del Consorzio Chianti), ma vale la pena concludere questa carrellata con un intervento che mostra come tutto questo mondo che cerca di intervenire in maniera compatta su questo fronte. Con un comunicato le Associazioni della filiera vitivinicola nazionale – Alleanza Cooperative Agroalimentari, Assoenologi, CIA-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini e Unione Italiana Vini – ribadiscono unitariamente la forte preoccupazione per l’impatto derivante dall’introduzione dei dazi statunitensi sui prodotti europei.

Le Associazioni lanciano all’unisono un appello urgente alle Istituzioni italiane ed europee affinché si adoperino con determinazione per sostenere il dialogo multilaterale con le Autorità statunitensi e per giungere nel più breve tempo possibile quanto meno a una sospensione dell’applicazione dei dazi.
Le esportazioni del settore vitivinicolo italiano verso gli Stati Uniti, primo mercato di destinazione mondiale, rappresentano oggi un valore pari a 2 miliardi di euro. L’applicazione delle tariffe si tradurrà in un duro colpo per uno dei settori simbolo dell’eccellenza del Made in Italy, con effetti diretti sull’export e sulle prospettive di crescita delle imprese. I dazi causeranno conseguenze negative anche sul mercato statunitense, colpendo migliaia di aziende americane attive nell’import e nella distribuzione dei prodotti italiani. La dinamica inflattiva non si limiterà ai dazi stessi, ma riguarderà tutta la catena commerciale e il comportamento d’acquisto dei consumatori. Dopo anni di investimenti sul mercato americano corriamo il rischio di assistere alla scomparsa di molti nostri prodotti di eccellenza dalle tavole americane.

 
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