La cipolla rossa di Tropea I.G.P. è uno dei pochi ortaggi che ancora oggi viene interamente raccolto e lavorato a mano.

Scelta da Findus per il “minestrone tradizionale” e da McDonald’s Italia per il burger “My selection”, raggiunge un fatturato complessivo di 25 milioni di euro annui.  La cipolla rossa di Tropea I.G.P. viene prevalentemente consumata come ortaggio fresco, ma il suo impiego trova molto spazio anche nell’industria conserviera. La cipolla rossa ben si presta a processi di elaborazione e trasformazione come prodotto di quarta gamma, sott’olio, in agrodolce, sott’aceto e confetture.

La pianta una volta raccolta a mano viene lasciata essiccare per qualche giorno sul campo, in un secondo momento le cipolle vengono trasportate in azienda per essere lavorate. Divise per calibro, le cipolle vanno incontro a un primo processo di lavaggio per asportare il terriccio ancora aderente ai bulbi. Ultimata la fase di lavaggio le cipolle vengono avviate su un nastro trasportatore dove gli operatori effettuano una prima cernita e la rimozione dei primi strati di epidermide.

La pelatura avviene nella maggior parte dei casi a mano e può essere attuata anche da macchine pelatrici ad aria, a coltelli oppure abrasive. Terminata la fase di pelatura le cipolle subiscono un secondo lavaggio per poi sostare, a discrezione delle aziende, qualche ora immerse in aceto per effettuare l’acidificazione del prodotto senza ricorrere all’utilizzo di acido citrico o acido lattico per una preparazione del prodotto al naturale. Questo permette l’acidificazione dello stesso, che al naturale presenta valori di pH pari a 5.3 – 5.8, mentre dopo acidificazione il pH raggiunge livelli inferiori a 4.0 garantendo l’inibizione di Clostridi.

A questo punto la cipolla rossa di Tropea viene fatta sbollentare per un paio di ore e a seconda della ricetta si aggiungono vino, aceto, zucchero, uva passa e cannella. Terminata la fase di sbollentatura, il prodotto viene invasettato a caldo per mezzo di una riempitrice-dosatrice. Anche la chiusura dei vasetti, per mezzo di capsule a vite, avviene manualmente ma sono molte le aziende che impiegano macchine continue che dopo la fase di riempimento del vasetto provvedono a sigillarlo. Ultimata questa fase, il prodotto deve subire un trattamento termico quale la pastorizzazione.

Ultimata la pastorizzazione i vasi subiscono un ulteriore lavaggio, questa operazione permette agli operatori di effettuare una selezione dei vasetti non conformi che presentano qualche anomalia tale da pregiudicare la loro messa in vendita. Ultimata questa operazione i vasetti vengono avviati presso la macchina etichettatrice per poi essere inscatolati e raggiungere i mercati sia nazionali che esteri.

di Antonio Paolillo

Tecnologo Alimentare

 

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