Secondo alcune stime il primo operatore del mercato mondiale della soia realizzerebbe un giro d’affari di circa 150 miliardi di euro. Quindi, premesso che un produttore latte medio effettua investimenti per migliaia di euro, che una società lattiero-casearia investe per milioni e una multinazionale investe in miliardi. Secondo Voi, il titolare del 50% del mercato mondiale della soia di quale capacità d’investimento dispone annualmente per difendere il suo giro di affari, o per crearne di nuovi? Ecco, anche da queste capacità nascono i finanziamenti alle nuove biotech corporations. E siate pur certi che questi nuovi investimenti non sono interessati ai liquidi con il 12,5% di solidi, interessa poco spostare acqua.
Banalmente sono interessati ai concentrati di proteine nobili e ingredienti preziosi, purché costino la metà e consentano di incassare il quadruplo. Stavo dimenticando… queste nuove tecnologie offrono “grandi” vantaggi ambientali e sociali. Assomigliano al “metano ti dà una mano”, infatti con l’altra, al momento buono, raddoppia il prezzo.
Un politico tra il sornione e il furbacchione ci prova: “Ci pensiamo noi a fermarli con la legge”. Al che i valori arteriosi s’impennano. Infatti, i nuovi prodotti biotech, in nome della libertà d’iniziativa, in alcuni paesi sono liberamente autorizzati, mentre in altri sono vietati per principio. E così sbagliano entrambi! I primi perché autorizzano prodotti alimentari senza conoscenze in merito ai loro effetti nel medio e lungo periodo, i secondi perché le motivazioni emozionali sono un arginello debole contro le lusinghe del mercato e del denaro.
In vero, etica e morale a parte, con questi brevetti biotech, un problemino ci sarebbe in aggiunta alla terminologia decettiva utilizzata. Non mi riferisco alle sottili disquisizioni sulle differenze tra scoperte e invenzioni, penso invece ai macroscopici interessi del singolo brevetto verso la pluralità d’interessi dell’agroalimentare millenario. Penso agli imminenti monopoli mondiali di alcuni ingredienti contro le pluralità d’interessi di milioni di produttori di latte e di prodotti agroalimentari.
E allora, mi chiedo e vi chiedo: è giusto che la concentrazione d’interessi possa essere illimitata e prevaricante?
Vincenzo Bozzetti
Direttore tecnico di Scienza e Tecnica lattiero-casearia