Diversi Paesi, tra i quali l'Italia, sono stati penalizzati da condizioni climatiche sfavorevoli. Nonostante un calo di produzione del 9% rispetto al 2020, il nostro Paese resta però, con i suoi 44,5 milioni di ettolitri, il primo produttore globale.

Da imputare alle condizioni meteo le produzioni inferiori registrate, per il terzo anno consecutivo, da Italia, Spagna e Francia. Problematiche che non riguardano, invece, altre parti del mondo: Paesi come Usa, Australia, Cile e Argentina hanno infatti chiuso in positivo l'anno in corso.

Ma non sono solo gli eventi climatici estremi a destare allarme: il surriscaldamento sta infatti cambiando le caratteristiche del nostro vino. Negli ultimi 30 anni, il tasso alocolico è cresciuto di un grado, mentre l’aumento medio delle temperature ha anche determinato sempre più spesso un anticipo della vendemmia, anche di un mese rispetto alla tradizionale scadenza di settembre.

I vigneti italiani producono ora uve più precoci, meno acide e più dolci rispetto al passatoe, per via del caldo, sono sempre di più le coltivazioni ad “alta quota”, come dimostra la presenza, in alcuni comuni della Val d'Aosta, della vite ai quasi 1.200 metri di altezza.

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