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La cosiddetta agricoltura di precisione sta provocando diverse angosce, se non addirittura incubi, ai produttori agroalimentari. Alcuni nuovi alimenti e ingredienti sono autorizzati a entrare nel mercato e decine di multinazionali stanno investendo miliardi in nuove tecnologie. Nel mentre aumenta l’entropia sulle scrivanie per gli operatori e sugli scaffali per i consumatori.

Che ci piaccia o meno, dobbiamo prendere atto che la scienza, la tecnica e gli interessi viaggiano con logiche e velocità diverse rispetto alle legislazioni dei singoli paesi. Ma prendiamo anche atto che un produttore agroalimentare pensa agli investimenti in migliaia di euro, mentre un’azienda nazionale pensa in milioni e una multinazionale in miliardi, lasciando così segni profondi sul mercato mondiale. Un esempio banale lo offre il mercato mondiale della soia, secondo alcuni è stimato 100-110 miliardi di euro, mentre quello del latte e derivati è stimato circa 250 miliardi alla stalla e circa 500 al consumo. Secondo chi legge, l’operatore titolare di circa il 50% del mercato della soia (rigorosamente OGM), si preoccuperebbe di ciò che pensa il sindacato locale, o tramite influencer vegani cercherà di erodere una manciata di miliardi di fatturato al mercato mondiale del latte e derivati? Quindi, se il mercato di riferimento è globale, poco conta se i novelli ingredienti sono ammessi solo in alcuni paesi e non in altri. Da sempre la moneta cattiva scaccia quella buona!

Invana è la speranza nella normativa, solitamente polarizzata: in senso permissivo e liberale (USA, Giappone e Israele) o in quello proibitivo con ostacoli e barriere (Unione Europea con l’Italia in testa). Entrambi sbagliati perché privi di conoscenze reali e consistenti: i primi abbagliati dalla libertà d’impresa, i secondi affascinati da motivazioni emozionali. Un esempio? Eccolo!

Dopo l’insulina da OGM – a uso farmaceutico – per la quale vale il criterio del “male minore”, arrivò sul mercato mondiale la chimosina da OGM e in 25 anni due fornitori si contesero e raggiunsero gran parte del mercato mondiale. Negli USA il prodotto fu liberalizzato, mentre in Italia fu ostacolato (divieto per i formaggi DOP, obbligo del registro per i generici).

Molti studi e ricerche tentarono di differenziare la molecola estratta dai fermentatori da quella estratta dagli abomasi e infine l’inconsistenza dei risultati calmò le acque. Invece, chi è bene informato in materia giura che se fossero andati a studiare e ricercare quali e quante altre molecole accompagnavano la novella chimosina, di certo avrebbero costretto le multinazionali a raffinare le filtrazioni, a diminuire le rese e a essere un po’ meno orientate al profit.

Quindi, meno emozione e maggior cognizione per andare avanti…

Vincenzo Bozzetti

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