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Essere o non essere capaci di scegliere e far scegliere un prodotto con o senza denominazione. Peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui gli alimenti sono stati prodotti.
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Solo pochi mesi fa con l’accordo dei “triloganti” di fine legislatura dell’Unione Europea (l’italiano De Castro per il Parlamento, lo spagnolo Planas per il Consiglio e il polacco Wojchechowski per la Commissione) è stato approvato, con maggioranza “bipartisan” del 90%, il testo unico sulle produzioni di qualità con indicazione geografica (IG) per garantire un maggiore allineamento e una migliore tutela delle filiere agroalimentari, incluse quelle vitivinicole.
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La Legge 562/1926, che convertì il Regio Decreto Legge 2033/1925 sulla repressione delle frodi del Ministro per l’economia Belluzzo e firmato da Vittorio Emanuele III afferma che: “ll nome di «formaggio» o «cacio» è riservato al prodotto che si ricava dal latte intero ovvero parzialmente o totalmente scremato, oppure dalla crema, in seguito a coagulazione acida o presamica, anche facendo uso di fermenti e di sale di cucina”.
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Negli Anni 40 e 50 del secolo scorso l’alimentazione – in generale – badava prima a riempire le pance vuote e, solo in un secondo tempo, alle parole. Negli Anni 60 e 70 con la disponibilità delle forniture alimentari assicurate, si iniziò a parlare e discutere in merito alla qualità degli alimenti.
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L’Oms chiede da tempo un’etichetta chiara e impattante, per aiutare il consumatore a orientarsi e scegliere gli alimenti migliori per tutelare la propria salute. Le proposte sono diverse, ma il caso più dibattuto è quello del Nutri-score, un sistema che esprime, attraverso colori e lettere, il giudizio sulle qualità nutrizionali degli alimenti.
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Anche se è passato del tempo vale la pena soffermarsi sul convegno che si è tenuto a Roma a marzo, nella Sala Capitolare del Senato, sul tema “Ricerca e tecnologie per il futuro dell'industria agroalimentare”, organizzato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Tecnologi Alimentari (OTAN) e Federalimentare.
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Il nuovo volto della tecnologia alimentare. La capacità di anticipare le tendenze future, di adattarsi alle nuove tecnologie e di incorporare principi di sostenibilità in ogni aspetto del lavoro diventa essenziale.
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La californiana New Culture, autodefinitasi animal-free dairy company, ha lanciato nel 2023 un sedicente cow cheese without cow, aspirante copia biotech della Mozzarella alternativa anche ai tradizionali prodotti vegani. La fonte proteica è αS1 caseina ricombinante, espressa come sequenza matura o parzialmente troncata, anche non fosforilata, nel mezzo di coltura di batteri modificati (Radman, 2023).
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La PAC ha quasi sempre ignorato l’eterogeneità intrinseca dell’agricoltura, preferendo incentivi e disincentivi indiscriminati. Per la filiera latte: restituzioni all’esportazione e quote latte.
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Gli alimenti lattiero-caseari, e non solo, high protein sono sempre più numerosi sugli scaffali dei supermercati. Non si tratta di alimenti che di per sé hanno un contenuto importante di proteine naturalmente presenti nella loro composizione, come ad esempio il Parmigiano Reggiano o yogurt greco, Skyr ecc. Si tratta di alimenti che vantano sulla confezione di essere ad alto contenuto proteico.
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Anche se è passato del tempo vale la pena ricordare che nel quasi totale silenzio italiano – poco opportuno quanto inadeguato – si è svolta, a Roma presso la sede FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nation), la 46esima sessione del Codex Alimentarius Commission (CAC46), durante la quale è stato celebrato il 70esimo Anniversario di fondazione del Codex Alimentarius, avvenuta appunto nel 1963.